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giovedì 17 ottobre 2013

Il Potere della Benedizione

Nessuno mai parla del potere della benedizione.

E' un termine che non entra nella nostra cultura di massa: un termine che ideicamente attribuiamo ad una particolare classe di persone, ossia i religiosi. In realtà la benedizione è uno strumento alla portata di tutti, che può essere cioè utile a chiunque decida di adoperarlo.

Non sorprenda la definizione della benedizione come strumento (dal latino instruere, che vale costruire, apparecchiare, disporre): moltissimi dei suggerimenti che si possono ottenere leggendo il Vangelo sono di fatto straordinarie tecniche di lavoro sulla psiche, che ciascun individuo può decidere di adoperare, innanzitutto per migliorare il proprio equilibrio psicofisico.

La benedizione ha una precisa valenza in questo senso, ed è in grado di offrire il maggior beneficio se viene utilizzata verso il male, inteso come ciò che procura dolore e sofferenza.

Gesù stesso parla del "fare del bene" verso chi vi "fa del male":

E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, 
che merito ne avrete? 
Anche i peccatori fanno lo stesso.


[Lc. 6.33]

La parola tradotta con "merito" nelle versioni consuete, nell'originale greco è: "χάρις", che forse ha una migliore corrispondenza con la parola "grazia", intesa come stato di benessere interiore, equilibrio psicofisico e armonia. Gesù sta insomma dicendo che adoperarsi per il bene, in favore di coloro che ci procurano sofferenza, è un ottimo modo per accedere allo stato della "grazia". Si tratta in sostanza di un atteggiamento che porta beneficio in primo luogo a noi stessi, e che solo come conseguenza può avere effetti positivi anche sulla relazione con il nostro avversario del momento.

La benedizione è il modo più intimo, immediato ed efficace per mettere in pratica questo suggerimento: in sostanza, ogni volta che la sofferenza mi si presenta d'innanzi, io sono chiamato, innanzitutto a riconoscerla e sperimentarla, quindi a benedirla.

La benedizione assume la funzione di accettazione del nuovo stato emotivo - la sofferenza, appunto - come un altro aspetto della vita, che sono chiamato a sperimentare per accrescere il mio livello di consapevolezza. La persona che mi ha procurato la sofferenza è semplicemente l'interprete di una commedia terrena, che sacrifica la propria immagine di sè per consentirmi di portare a termine il mio cammino.

Come fare a benedire? Molto semplice, occorre concentrarsi sul dolore che si prova, e ripetere:


Signore, benedici il dolore che sto provando.

Signore, benedici le mie ferite.

Signore, benedici chi mi ha procurato il male.


Se l'intento è autentico, il sollievo è immediato.

La benedizione, come il perdono, è un processo interamente ed esclusivamente interiore: non è richiesta alcuna azione nei confronti di chi ha procurato il male. Non occorre scusarsi: non serve parlare. Le scuse verranno eventualmente dopo, da sole, quando le ferite non bruceranno più e sarà stata ristabilita la pace interiore.