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giovedì 25 agosto 2016

Petrus Romanus, qui pascet oves

Tempo fa, avevo pubblicato un post re/lativo alla profezia di Malachia, in cui concludevo che l'attuale pontefice, Mario Bergoglio, poteva essere identificato con l'ultimo vicario terreno di Cristo, identificato dalla profezia, come "Petrus Romanus". Approfondendo gli studi relativi all'interpretazione astronomica delle Scritture, sono arrivato ad un cambio di opinione, che mi ha indotto a rimuovere il post su Bergoglio e a fornire una diversa chiave di lettura dell'ultimo motto della profezia.


La profezia di Malachia



Come forse i lettori sapranno, il testo conosciuto come "profezia di Malachia" è un documento che San Malachia dovrebbe aver scritto nell'anno 1140, contenente un elenco di 111 motti in latino, corrispondenti ai 111 futuri pontefici. Il condizionale è dovuto al fatto che storicamente, il testo fece la sua comparsa nel 1595 e numerosi osservatori evidenziano come i motti latini siano estremamente precisi per i Papi precedenti quell'epoca e descrivano quelli successivi con maggiore approssimazione.


Tra le critiche più interessanti ed argomentate sollevate a questo testo, segnalo l'eccellente volume "La Profezia di Malachia" di Natale Lanza, curatore del blog "CodiceNostradamus". Personalmente non condivido le conclusioni di Lanza, pur avendo grande considerazione del suo lavoro. Riconosco che i motti siano ben lontani dal qualificare ciascun pontefice in maniera esaustiva, tuttavia trovo che ogni motto ponga in evidenza una caratteristica che può essere attribuita soltanto al Papa a cui essa è riferita.


Una semplice verifica può essere fatta esaminando i papi vissuti in epoca più recente:

107°) Giovanni XXIII (1958-1963): "Pastor et Nauta"
Egli (n. 25/11/1881 m. 3/6/1963) fu patriarca di Venezia prima di diventare Papa, donde "pastore e marinaio".

108°) Paolo VI (1963-1978): "Flos florum"
Papa Montini (n. 26/9/1897 m. 6/8/1978) era il "fiore dei fiori", e infatti la famiglia Montini aveva tre gigli nel proprio stemma.

109°) Giovanni Paolo I (1978): "De medietate lunae"
La Profezia di San Malachia ("della metà della luna") sembra aver previsto in modo impressionante, anche nel caso di Papa Luciani (n. 17/10/1912 m. 28/9/1978), il fatto che il suo brevissimo pontificato (che durò appena 33 giorni) iniziò e terminò quando la Luna era visibile esattamente a metà.

110°) Giovanni Paolo II (1978-2005): "De labore solis"
Il motto attribuito a Papa Wojtyla (n. 18/5/1920 m. 2/4/2005), "della fatica del Sole", è un riferimento al fatto che egli nacque del giorno di un'eclisse solare: un evento astronomico che si verificò anche nel giorno suo funerale.

111°) Benedetto XI (2005-regnante): "De gloria olivae"
Il motto di Papa Ratzinger (n. 16/4/1927), "la gloria dell'olivo", sembra un chiaro riferimento al nome Benedetto, poiché i membri dell'ordine benedettino sono anche noti come gli Olivetani, il cui stemma è proprio un ramo d'olivo. Inoltre, egli è nato nel Sabato Santo del 1927, il 16 aprile, al culmine del periodo Pasquale, e tutto il periodo è notoriamente sotto il segno dell'ulivo.

[Fonte ed approfondimenti: http://www.lultimopapa.it/profezia.htm]



L'elenco di 111 motti si conclude con quello dedicato a Benedetto XVI, che dunque secondo la profezia dovrebbe essere l'ultimo Papa. Il documento tuttavia non termina con l'ultimo motto, ma riporta una considerazione finale, avente un carattere marcatamente escatologico, contenente un riferimento ad un certo "Petrus Romanus", identificabile come il Papa degli Ultimi Tempi:



In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae
sedebit Petrus Romanus,
qui pascet oves in multis tribulationibus;
 
quibus transactis,
civitas septis collis diruetur,
et Judex tremendus iudicabit populum suum.
 
Finis.



" Nell'estrema persecuzione della Santa Chiesa Romana
siederà Pietro Romano,
che pasce gli agnelli in molte tribolazioni;
 
passate queste,
la città dei sette colli sarà distrutta,
ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo.
 
Fine ."  


All'epoca dell'elezione di Mario Bergoglio, molti commentatori indipendenti - me compreso - identificarono il nuovo pontefice con Petrus Romanus: a tal proposito, furono particolarmente significative le parole "Hanno preso il vescovo Roma alla fine del mondo" con cui Francesco si presentò ai fedeli. Oggi l'accostamento tra Petrus Romanus e Papa Bergoglio mi pare improprio per diversi motivi, anche se è sotto gli occhi di tutti l'"estrema tribolazione" che la Chiesa sta attraversando, testimoniata dalle polemiche suscitate da diversi provvedimenti presi dal pontefice in carica.


Chi conosce un minimo di storia della Chiesa, sa che dopo San Pietro nessun pontefice ha mai adottato il suo nome: è legittimo attendersi che l'ultimo Papa debba chiamarsi come il primo pontefice della Storia? E' questo il motivo per cui il nome di questo papa è riportato per esteso? E nel caso, come mai l'ipotetico Pietro II viene definito Romanus? E ancora: come mai il motto si concentra più sulla sua opera (pasce gli agnelli in molte tribolazioni), piuttosto che non delinarne le caratteristiche come avviene per tutti i motti precedenti?


A mio avviso, l'appellativo "Romanus" serve ad informare il lettore che la persona di cui si sta parlando è proprio San Pietro, il primo Papa, vissuto in epoca romana e deceduto a Roma, perlomeno secondo la tradizione. Il riferimento è tanto più preciso, se si ricorda che l'Apostolo Pietro è colui al quale il Cristo ha affidato l'incarico di "pascere gli agnelli":



Quand'ebbero fatto colazione,
Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami più di questi?»
Egli rispose: «Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene».
Gesù gli disse: «Pasci i miei agnelli».

Gli disse di nuovo, una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami?»
Egli rispose: «Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene».
Gesù gli disse: «Pastura le mie pecore».

Gli disse la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?»
Pietro fu rattristato che egli avesse detto la terza volta: «Mi vuoi bene?»
E gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene».
Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore».



Per tre volte il Signore chiede a Pietro se riesce a ricambiare il Suo amore e per tre volte Pietro confessa la propria incapacità a provare un sentimento cristallino. Di fronte ad una tale povertà di cuore, che Pietro ha se non altro il coraggio di riuscire ad ammettere, il Signore si dimostra benevolo ed assegna a Pietro l'incarico di "sorvegliare il gregge". E' senz'altro un incarico delicato, ma non di grande prestigio: non si tratta di glorificare l'unione tra Spirito e Materia a cui Gesù aspirerebbe, ma "soltanto" di prendersi cura dell'umanità fino al ritorno del Cristo.


Nella trasposizione astronomica dei Vangeli, Pietro rappresenta l'Era dei Pesci, iniziata nel 160 A.C. circa e prossima alla conclusione. Pietro è quindi un lungo periodo di tempo, iniziato all'epoca di Cristo e che perdura tutt'oggi, in cui l'Umanità ha vissuto in attesa dell'avvento dell'Era messianica e del ritorno del Cristo.


Il paragrafo successivo "Richiami di Astronomia" fornisce alcuni riferimenti utili per comprendere meglio questa affermazione. Chi invece ritiene di disporre già di tutte le cognizioni necessarie, o preferisce semplicemente saltare alle conclusioni, può procedere speditamente verso il paragrafo "L'Era dei Pesci"


Richiami di astronomia



L'esegesi astronomica del Vangelo porta ad identificare Pietro, così come i dodici Apostoli, come un Eone, o Era Astrologica, vale a dire i dodici periodi di uguale durata, in cui è suddiviso il Grande Anno, o Anno Platonico, determinato dal ciclo precessionale:

Gli estimatori dello studioso Zecharia Sitchin, generalmente utilizzano un criterio di ripartizione delle Ere che lo studioso riporta nel libro "Il Pianeta degli Dei", dove è riportata la seguente mappa cronologica, basata sull'assunto che l'Anno Platonico duri 25.920 anni:


Calendario precessionale secondo Z. Sitchin ed Altri
(cliccare per ingrandire)
Purtroppo, il prof. Sitchin non precisa quali siano le fonti a cui attinge per generare il proprio calendario:

"[...] anche se non è possibile, oggi, accertare dove esattamente i Sumeri ponevano l'inizio di una casa zodiacale, possiamo comunque basarci sulla seguente tabella, considerata generalmente attendibile:

10860 a.C. - 8700 a.C. - Era del Leone."

[Z. Sitchin, "Il Pianeta degli Dei", cap. XIV]

Il problema dell'identificazione del punto di "inizio di una casa zodiacale" accennato da Sitchin nasconde il problema dell'identificazione del "Punto Zero precessionale", ossia del punto a partire dal quale sono state definite le 12 porzioni di eclittica corrispondenti alle 12 Ere.


Secondo la nuova teoria, il Punto Zero si trova tra le costellazioni di Toro e Gemelli, nel punto esatto in cui si intersecano eclittica ed equatore galattico. La misura esatta del cambio d'era è avvenuta pertanto nel Maggio del 1998, quando secondo l'astronomia ufficiale, è avvenuto l'allineamento tra l'asse solstiziale e l'Equatore Galattico:


L'ipotesi di identificazione del Punto Zero ricavata attraverso la nuova teoria porta alla generazione di una mappa leggermente differente da quella proposta da Sitchin. Lo scostamento tra le due mappe è pari a 100 anni, corrispondenti a poco più di un grado angolare:


Calendario Precessionale realizzato utilizzando la nuova ipotesi
relativa alla posizione del "Punto Zero"

(cliccare per ingrandire)

Dal punto di vista astronomico, il periodo di transizione tra ciascuna Era e la successiva dura 36 anni, la transizione tra Era dei Pesci ed Era dell'Acquario ha avuto inizio nel 1980 e si conclude nel 2016. Viceversa, le Scritture sembrano suggerire che la transizione tra le Ere duri 40 anni e l'ingresso nell'Era dell'Acquario, iniziato nel 1980, deva terminare nell'anno 2020.


Le considerazioni precedenti portano ad una serie di osservazioni di sicuro interesse.


L'Era dei Pesci


Che informazioni possiamo ottenere dalla "profezia di Malachia", se rileggiamo l'ultimo motto alla luce del fatto che Pietro non è soltanto il primo pontefice, ma è anche un Eone, un periodo di tempo, che ha "pasciuto gli agnelli" dai tempi di Cristo ai nostri giorni? La prima e più importante conclusione è che nei tempi finali, ci dice Malachia, Petrus Romanus sarà ancora "in carica" (sedebit): il che significa che la Fine dei Tempi deve avvenire prima della conclusione dell'Era dei Pesci.

"Nell'epoca dell'estrema persecuzione della Santa Chiesa Romana

sarà ancora in corso l'Era dei Pesci,

che pasce gli agnelli in molte tribolazioni."

Questo fatto non ci sorprende completamente, anzi risulta più che altro una conferma. Se Petrus Romanus è l'Era dei Pesci, allora ha senso identificare in lui il "Papa Santo" delle profezie, che durante il periodo di transizione d'Era, "governa" il mondo insieme al "Grande Monarca": colui che "in pace e in vita non sarà a lungo", cioè l'Era dell'Acquario.


Dall’universo sarà fatto un Monarca,
Che in pace e vita non sarà a lungo:
Allora si perderà la barca del pescatore,
Sarà retta nel più grande detrimento.

[Nostradamus, Centurie, I-IV]



Al momento in cui scrivo il presente aggiornamento al post, nell'Agosto del 2021, Papa Benedetto XVI sta conducendo una vita ritirata entro le mura vaticane, in difficili condizioni di salute. La profezia di Malachia non chiarisce chi guiderà la barca del pescatore quando il Signore lo chiamerà a Se: conferma soltanto l'avvento di un tempo di grande tribolazione. Tuttavia, la chiave di lettura che abbiamo proposto, inevitabilmente porta a concludere che "Petrus Romanus" non abbia mai cessato di "pascere gli agnelli", affrontando numerose tribolazioni: se fosse così, significherebbe che le difficoltà degli ultimi tempi potrebbero assomigliare a quelle che gli agnelli hanno affrontato sin dall'inizio dell'Era ... il che è in un certo senso confortante.


1 commento:

fabio painnet blade ha detto...

Mi sto facendo un’idea sulle profezie, sulle profezie in genere e in particolare su quelle bibliche. In fin dei conti, abbiamo visto che le profezie vengono classificate come tali solo posteriormente. Spesso sono i fatti storici che consentono di operare distinzioni fra veri e falsi profeti; in pratica sono i posteri, sul solco degli avvenimenti, a conferire un certificato di profeticità ai testi i quali, mi sembra di rilevare, in fase di redazione rimangono molto vaghi e versatili al punto che, quando si tratta di prevedere date o contestualizzare eventi futuri, nonostante le varianti simboliche a disposizione, toppano puntualmente. E non mi si venga a parlare della profezie di Daniele eh, un guazzabuglio di contraddizioni e imprecisioni tali da confondere il più benevolo dei credenti (sebbene, con un metro di giudizio tarato ad hoc, qualcuno troverà pur sempre valide). Il punto è che le ‘profezie’ quando sono riferite al cosmo possono mostrare un certo grado di attendibilità in rapporto al livello di conoscenza degli eruditi-redattori, mentre inciampano grossolanamente (cioè non sono precise come dovrebbero essere) quando si tratta di anticipare la precisione del dato storico che presenta sempre un margine di indeterminazione difficilmente intuibile anche per un veggente di riconosciuta fama. La datazione dei reperti poi, apre un’altra pagina: quella dei falsi compilati posteriormente. La Fede a parer mio,non dovrebbe attenersi mai alle profezie, specie se affrancate dal contesto cosmico e nemmeno alle reliquie, per importanti che siano, poiché anch’ esse non godono di garanzie speciali di fronte al ragionevole e documentabile sospetto di scarsa autenticità.