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lunedì 6 luglio 2020

La Creazione del Cielo


In attesa di riuscire a pubblicare i nuovi contenuti, propongo un approfondimento scritto diverso tempo fa, incentrato sul tema della moltiplicazione dei pani e dei pesci, a cui si accenna all'inizio del video "La Passione - Parte II".


Arcana Ricordo





La Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci

La "moltiplicazione dei pani e dei pesci" è uno dei passi evangelici che mi hanno sempre affascinato. Il Vangelo di Marco ritiene questo "miracolo" talmente importante, da riportarlo ben due volte. In entrambi i casi, la narrazione è talmente essenziale che si potrebbe pensare ad una manomissione del testo .. purtroppo in assenza di riferimenti, il lettore comune si scoraggia e rinuncia a comprendere. Ma occorre ricordare che il Vangelo è anche un testo esoterico: ogni mancanza è assolutamente calibrata, dosata, con grande sapienza, per far emergere una domanda che nasce nei piani sottili. La risposta a quella domanda può essere soltanto interiore. Tuttavia, molto spesso anche il cielo si rivela spesso in grado di fornire risposte sorprendenti agli enigmi del Vangelo: questo è ciò che avviene anche in questo caso. Ma andiamo con ordine, partendo da una lettura del testo di Marco, capitolo 6:


Come Gesù fu sbarcato, vide una gran folla e ne ebbe compassione,
perché erano come pecore che non hanno pastore;
e si mise a insegnare loro molte cose.

Essendo già tardi, i discepoli gli si accostarono e gli dissero:
«Questo luogo è deserto ed è già tardi;
lasciali andare, affinché vadano per le campagne
e per i villaggi dei dintorni e si comprino qualcosa da mangiare».
Ma egli rispose: «Date loro voi da mangiare».

Ed essi a lui: «Andremo noi a comprare del pane
per duecento denari e daremo loro da mangiare?»

Egli domandò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere».
Essi si accertarono e risposero: «Cinque, e due pesci».
Allora egli comandò loro di farli accomodare a gruppi sull'erba verde;
e si sedettero per gruppi di cento e di cinquanta.

Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci, e,
alzati gli occhi verso il cielo, benedisse e spezzò i pani,
e li dava ai discepoli, affinché li distribuissero alla gente;
e divise pure i due pesci fra tutti.

Tutti mangiarono e furono sazi,
e si portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane,
ed anche i resti dei pesci.

Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.


[Mc. 6, 34-44]


Gli Ordini di Gesù

Gli “ordini” di Gesù sono alcuni tra i passi evangelici che meglio si prestano a sperimentare la chiave di interpretazione astronomica / astrologica. Con l’espressione “ordini di Gesù”, indico alcune, precise istruzioni, con le quali il Maestro indica ai discepoli i preparativi che devono essere predisposti in determinate occasioni, o i compiti che devono essere svolti per affrontare situazioni difficoltose. Dal punto di vista narrativo, gli ordini di Gesù sono preceduti soltanto dalla descrizione della situazione in cui essi vengono impartiti, e seguiti unicamente dal resoconto degli effetti che questi hanno.


In tutti i casi, Gesù impartisce i propri comandi senza alcun preavviso, senza che sia stata creata quella “suspense” narrativa che precede, in ogni buon romanzo, l’istante in cui il personaggio chiave prenderà la parola. Il lettore sensibile, nella lettura dei passi, potrebbe provare un leggero senso di sorpresa, come se si trovasse di fronte ad uno stacco narrativo, ad un cambio di registro. Gesù si esprime con decisione ed autorevolezza, ma allo stesso tempo con grande semplicità; usa un linguaggio senza sottintesi e senza sbavature.


Addirittura, arriva ad assumere un tono leggermente sbrigativo, come se ritenesse di fornire informazioni che non necessitano di particolari spiegazioni. Del resto, le Sue aspettative sono pienamente soddisfatte: l’esecuzione dei suoi comandi è sempre eseguita con la massima tempestività e senza discutere, anzi, i discepoli seguono con grande naturalezza le istruzioni ricevute, come se nell’obbedienza a Gesù stessero rispondendo alla propria indole e alla propria volontà.


Ne è un primo esempio l’ordine che precede la famosa moltiplicazione dei pani e dei pesci, che consente di sfamare la numerosissima folla di fedeli, che lo raggiunge in aperta campagna per ascoltarlo. Appena prima del pasto, Gesù fornisce loro istruzioni precise per la distribuzione del cibo:


Allora egli comandò loro
di farli accomodare […] sull'erba verde […]
a gruppi di cento o cinquanta


[Mc. 6, 39]


Si potrebbe essere tentati di non dar peso alla richiesta, ma questo atteggiamento porta a non cogliere alcuni dettagli importanti. Il primo sforzo che occorre fare è contestualizzare la richiesta, analizzando i fatti così come vengono riportati. L’episodio inizia quando il Maestro, di ritorno da una uscita in mare, viene in contatto con una folla di pellegrini, giunti da ogni parte del mondo per ascoltare la sua parola ed i suoi insegnamenti:


Il passo è evidentemente criptico e suscita diversi, importanti interrogativi, molti dei quali emergono a causa della mancanza di alcuni elementi significativi: come spesso accade, occorre prestare attenzione più che agli elementi che mancano che non a quelli presenti.


Domande

La prima domanda riguarda l’argomento dell’insegnamento di Gesù, che non è riportato. Il passo riferisce come il Maestro, commosso dalla vista della folla di pellegrini, decida di accorrere in loro soccorso:


e si mise a insegnare loro molte cose.


[Mc. 6, 34]


L’argomento di cui il Maestro decide di parlare, scaturito dal profondo sentimento che la loro vista suscita in Lui, non può che essere di grande interesse: in un passo del Vangelo di Matteo, che presenta numerose analogie con quello in esame, Gesù elenca le “beatitudini” riservate a coloro che accedono al Regno dei Cieli. L’evangelista Marco sceglie di non riferire il tema dell’insegnamento di Gesù, limitandosi ad esporre ciò che accade a fine giornata. Come si spiega questa scelta?


Un’altra sorprendente omissione concerne il miracolo in sé, di cui il testo non fa menzione, limitandosi a riferire come il Signore:


alzati gli occhi verso il cielo, benedisse e spezzò i pani,
e li dava ai discepoli, affinché li distribuissero alla gente;
e divise pure i due pesci fra tutti.


[Mc. 6, 41]


Come mai un prodigio tanto importante, come la moltiplicazione di una risorsa alimentare, non viene espressamente riportato, ma viene sottinteso, e lasciato all’immaginazione del lettore?


Ammettendo poi che Gesù desiderasse distribuire alla folla la moltitudine di pani e di pesci ottenuti mediante “moltiplicazione” delle poche risorse alimentari disponibili, ci si sarebbe aspettati che il Maestro richiedesse a ciascuno dei pellegrini di avvicinarsi a lui, per ritirare la propria porzione, in maniera analoga a quanto accade durante il rito eucaristico cristiano. Al contrario, Gesù richiede espressamente alle persone di sedersi, ossia di non muoversi: il che, porta a ipotizzare che il Maestro desideri incaricare i suoi fedelissimi della distribuzione del cibo, o che devano essere organizzate lunghe catene di persone, per passare le razioni di mano in mano. Non è strano che il Vangelo trascuri di descrivere gesti, a cui sarebbe inevitabile attribuire un elevatissimo significato simbolico?


Ma non è finita: Gesù comanda anche ai convenuti di formare gruppi piuttosto numerosi, obbligando i pellegrini a consumare il pasto anche in compagnia di persone che non conoscono. Che senso ha questo ordine? Perché non è consentito, a chi lo desiderasse, di appartarsi, per poter meditare, durante il pasto, sugli insegnamenti appena ricevuti?


Nonostante le numerose lacune, il Vangelo non trascura di fornire un particolare decisamente curioso, indicando come l’auditorio del Maestro fosse costituito da 5.000 persone. Che senso ha riferire il numero di persone che ascoltavano Gesù? Fornire una testimonianza della notorietà del Maestro? O forse fornire un resoconto del potere dei Suoi miracoli? Tra l’altro, un pubblico tanto numeroso, pone anche un non trascurabile problema di natura acustica. Una folla di 5.000 persone occupa circa 1.200 metri quadri: se Gesù avesse richiesto ai pellegrini di disporsi attorno a lui formando semicerchi concentrici, i più lontani si sarebbero trovati ad almeno 25 metri di distanza. In aperta campagna, senza vincoli architettonici o naturali, le onde sonore si disperdono con facilità, ed ascoltare una persona che parla a 25 metri di distanza è letteralmente un’impresa.


Per avere una idea delle difficoltà insite nel parlare ad una simile folla, si consideri che in epoca romana, l’obiettivo di rendere una voce intellegibile ad un pubblico di 5.000 persone, veniva raggiunto costruendo strutture apposite, caratterizzate da una forma ad imbuto, in grado di concentrare le onde sonore. Il Teatro di Taormina, risalente probabilmente al II sec. a.C., disponeva al momento della sua inaugurazione di poco più di 5.000 posti.


Il Teatro di Taormina


Ritengo che non sia impossibile dare una risposta alle domande appena esposte, ma occorre un cambiamento radicale del punto di vista. Occorre osservare con attenzione gli eventi, a partire dalla moltitudine di individui, che suscita in Gesù una grande compassione. Il Maestro dedica loro l’intera giornata, catturando l’attenzione dei presenti, al punto tale che nessuno sembra avvertire lo scorrere del tempo: tutti sono completamente assorti dalla dottrina di quell’uomo sapiente, che non si accorgono dell’approssimarsi del tramonto. Constatato che l’ora tarda impedirebbe ai pellegrini di raggiungere per tempo un luogo dove rifocillarsi, prima che l’oscurità avvolga ogni cosa, Gesù decide di dare loro nutrimento, ed opera il "miracolo della moltiplicazione" dei pani e dei pesci.


Le Stelle

L’ordine di far sedere le persone sull’erba viene impartito appena prima della cena. Il riferimento all’erba verde indica innanzitutto che la scena si svolge in un prato, probabilmente posto a breve distanza dalla riva del mare, tant’è vero che Gesù poteva vedere la folla “sbarcando”. Il luogo è “isolato”, quindi dobbiamo desumere che non ci siano case nei paraggi. Né viene riportata la presenza di alberi: forse qualche albero ci sarà stato, ma di sicuro la scena non si svolge in una foresta. L’ora è quella del crepuscolo, ed in assenza di indicazioni specifiche, possiamo ipotizzare che il tempo meteorologico sia buono:


Essendo già tardi, i discepoli gli si accostarono e gli dissero:
«Questo luogo è deserto ed è già tardi;


[Mc. 6, 35]


Quindi è possibile concludere con ragionevole certezza che non appena il sole sarà tramontato, i pellegrini potranno ammirare il cielo notturno in tutta la sua maestosità. L’apparizione delle stelle non viene ignorata da Gesù, che anzi indica esplicitamente il punto verso cui orientare lo sguardo, per comprendere il senso dell’episodio:


alzati gli occhi verso il cielo […]


[Mc. 6, 41]


Il fatto che si stia parlando di stelle, viene confermato alla fine dell’episodio, dove viene fornita una informazione apparentemente inutile:


Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.


[Mc. 6, 44]


Secondo gli antichi, 5.000 è proprio il numero di stelle visibili ad occhio nudo, in una notte tersa e senza luna piena. Nell’oscurità della notte, il blu del cielo si confonde con il verde del prato, ed i 5.000 pellegrini, alzando lo sguardo verso il cielo, si riflettono nelle 5.000 stelle visibili. Le stelle, come sappiamo, occupano posizioni fisse sulla sfera celeste, e non a caso i pellegrini sono seduti sull’erba, cioè immobili l’uno rispetto all’altro. Il prato è quindi una immagine speculare del cielo notturno, dove ciascuno dei convenuti interpreta il ruolo di una stella. In questo senso, diventa evidente il fatto che il comando del Signore è una semplice e diretta espressione dell’ordine naturale delle cose, e come tale non può essere in alcun modo trasgredito:


Allora egli comandò loro di farli accomodare a gruppi sull'erba verde;


[Mc. 6, 39]


Anzi, l’ordine naturale e la Volontà di Gesù sono la stessa cosa: nessuno dei due può cambiare senza che anche l’altro cambi. Così, il Signore ordina ai pellegrini di disporsi “a gruppi”, e questi, intendendo perfettamente la Sua Volontà, imitano esattamente la distribuzione delle stelle sulla volta celeste:


e si sedettero per gruppi di cento e di cinquanta.


[Mc. 6, 40]


In effetti, le stelle appaiono più dense in alcuni punti del cielo, e meno in altri: sembrano formare aggregati che comprendono un numero compreso tra 50 e 100 elementi.


L’identificazione dei cinquemila pellegrini con le stelle, consente di formulare una nuova ipotesi circa il ruolo interpretato da Gesù nel passo in esame. Nel Vangelo, il Maestro simboleggia spesso l’insieme delle più alte facoltà umane, a cui possono essere ascritte sia le virtù dell’anima, sia quelle dell’intelletto. A mio avviso, nel passo in esame Gesù rappresenta la capacità cognitiva dell’essere umano, ossia quella facoltà che consente ad ogni individuo che percepisce un fenomeno naturale, di associare a quel fenomeno un concetto, e quindi un significato, che gli consente, per esempio, di correlarlo ad altri concetti.


Il Significato

Le discipline esoteriche, solite a ricercare corrispondenze tra la realtà materiale e quella interiore, vanno oltre, stimolando l’individuo a chiedersi quale sia il significato dei fenomeni naturali, ossia il motivo per cui esistono. L’individuo che riesce a considerare la realtà materiale uno specchio del proprio mondo interiore, può trovare in essa tutti gli stimoli necessari a conoscere il più difficile oggetto d’indagine con cui egli può entrare in contatto: se stesso.


Così, la commozione che Gesù prova alla vista dei pellegrini è proprio lo sgomento che l’animo umano sperimenta, constatando che le sue facoltà cognitive sono inadeguate a trovare un senso alla magnificenza e alla maestosità del cielo stellato. Lo spettacolo delle stelle, sparse sulla volta celeste in maniera casuale, che si muovono seguendo i movimenti del cielo notturno, come pecore senza pastore, ricordano all’uomo la sua fragilità e la sua piccolezza di fronte alla vastità del cosmo. E non sto qui parlando degli spazi interstellari, dei miliardi di anni-luce che secondo la scienza ci separano dall'estremo limite dell'universo percepibile, ma della semplice immensità della volta celeste, resa tanto più evidente dalla presenza e dal numero delle stelle.


Gesù intraprende l’unica via d’uscita percorribile, contribuendo a restituire all’uomo la sua originaria grandezza: cerca di dare un senso alla visione del cielo, riconducendo l’infinità del cosmo e la lucentezza delle stelle a idee, che l’uomo può creare, o ritrovare, in sé stesso. Come ogni altro aspetto della realtà, l’universo intero trova un proprio corrispondente all’interno dell’individuo: in questo senso, l’uomo racchiude in sé, letteralmente, l’intero universo.


Il primo passo che Gesù compie è cercare di mettere ordine nel caos della natura. L’identificazione degli aggregati stellari costituì nell’antichità un primo tentativo di classificazione degli astri, intrapreso da tutte le popolazioni del mondo antico. In ogni gruppo era possibile individuare da 5 a 20 stelle circa, che erano mediamente più luminose delle altre, e queste venivano utilizzate come “guida” per il riconoscimento delle diverse porzioni di cielo.


Tuttavia, assimilare e memorizzare forme e dimensioni dei diversi aggregati stellari richiedeva comunque un sforzo non indifferente: i moderni studiosi di scienze cognitive hanno mostrato come la memoria umana non sia progettata per ricordare informazioni casuali; ricordare la distribuzione casuale di in gran numero di palline su una superficie piana, o una lunga sequenza casuale di numeri, presenta parecchie difficoltà. Al contrario, i concetti più facilmente memorizzabili sono quelli in cui è possibile organizzare le informazioni secondo logiche associative e gerarchiche: la memoria tende infatti a richiamare le informazioni per analogia.


I partecipanti ai campionati di memoria, abituati a ricordare lunghe sequenze di numeri non ordinati, cercano in molti casi di sfruttare le capacità associative della mente umana, anche per memorizzare informazioni casuali. L’espediente mnemonico che utilizzano consiste nel creare associazioni mentali tra ciascun elemento della sequenza e significati scelti arbitrariamente, che offrono un ampio spettro di possibili correlazioni. Gli elementi della sequenza vengono quindi a corrispondere a sequenze di significati, facilmente memorizzabili.


I significati che vengono associati agli elementi della sequenza possono essere luoghi e personaggi di storie immaginarie, che in qualche modo consentono al partecipante alla gara di ricostruire mentalmente la sequenza originaria. La creazione di queste storie è un atto creativo, di pura immaginazione: gli antichi davano enorme importanza a questa facoltà umana, che consideravano una delle più preziose virtù umane. Nel Vangelo, l’unico personaggio in grado di esprimere queste facoltà è sempre e solo Gesù.


Spezzò i Pani... Gli antichi impararono ad utilizzare l’immaginazione, unita ad opportuni espedienti mnemonici, per facilitare il riconoscimento delle migliaia di puntini luminosi disposti casualmente sulla superficie buia del cielo notturno. Gesù ripercorre le tappe che portarono a questo straordinario traguardo umano, allestendo sul prato un complesso rituale insieme ai pellegrini. Il primo gesto che il Signore compie è destinato a diventare uno dei simboli più forti della cristianità:


alzati gli occhi verso il cielo, benedisse e spezzò i pani,


[Mc. 6, 41]


Questo gesto, ricordato ancora oggi nel rituale eucaristico, ha anche un preciso corrispondente astronomico: come i pellegrini, anche il Signore si riflette infatti nel cielo stellato, identificandosi con il proprio alter ego celeste, cioè il Sole precessionale. I “pani” corrispondono invece alla costellazione della Vergine, dove il “punto vernale” si trovava al momento della nascita del Sole-Bambino.


... e divise i Pesci. Nei primi secoli di vita, il meccanismo precessionale si mise in moto, spostando lentamente il punto vernale lungo l’eclittica, ed il Sole-Bambino percorse una traiettoria in grado di dividere in due porzioni la costellazione della Vergine, spezzando letteralmente, i pani. Lo stesso avvenne con la costellazione che si trova in posizione diametralmente opposta rispetto a questa, cioè i Pesci:


[…] καὶ τοὺς δύο ἰχθύας ἐμέρισεν πᾶσιν.

[…] e divise interamente i due pesci.


[Mc. 6, 41]


Riporto anche la frase originale in greco perché a mio avviso, la traduzione usata nelle versioni consuete, “e divise i pesci fra tutti”, non è corretta. I due pesci non furono spezzati in porzioni, che vennero poi distribuite a tutti i presenti: il Sole divise in due la costellazione dei Pesci, percorrendola “per intero”, ossia “da parte a parte”.


Il Sole fu l’artefice della prima linea mai tracciata nel cielo notturno. Questa linea costituì una straordinaria fonte di ispirazione: la possibilità di tracciare linee nel cielo apriva nuove vie di conoscenza, facendo comprendere agli uomini che gli spazi interstellari potevano essere “disegnati”. Unendo i puntini luminosi che apparivano di notte con linee immaginarie, gli antichi ottennero dapprima glifi, quindi vere e proprie figure, che un minimo sforzo di fantasia consentiva di “vedere”, osservando il cielo notturno.


Le immagini celesti erano facilmente memorizzabili, e si ripresentavano ogni notte esattamente dove ci si aspettava che fossero. Il cielo appariva in una veste totalmente diversa: da malinconica distesa di anonimi corpuscoli luminosi, si era trasformato in un vero e proprio libro naturale, in grado di raccontare le storie di guerrieri, fanciulle, mostri e animali. Le storie della mitologia, altamente evocative, e ricche di significato, potevano essere trascritte sull’immutabile sfera celeste, assegnando alle stelle il gravoso compito di raccontare agli uomini quale fosse la loro reale natura.


Le 5000 stelle-pellegrini, diventando parte di un disegno avente uno specifico scopo, ricevettero nutrimento, ossia assunsero un significato, cessando di essere dei semplici puntini luminosi:


Tutti mangiarono e furono sazi,


[Mc. 6, 42]


Erano nate le costellazioni.


Gesù, che all'inizio del racconto prova compassione per gli uomini che riescono a vedere nelle stelle soltanto lontanissime sorgenti di luce, si precipita in loro soccorso, intervenendo su due livelli differenti. Sul piano materiale, il Sole Precessionale fornisce agli uomini i rudimenti necessari a far nascere l’arte del disegno astronomico; sul piano spirituale, il Maestro, ossia l’immaginazione umana, riempie di significato i glifi astronomici, trasferendovi l’essenza dell’essere umano.






La Creazione

La prima linea, tracciata dal Sole, assunse anche un importante ruolo di riferimento astronomico, dividendo la sfera celeste in due metà, una superiore e l’altra inferiore. Questa suddivisione risale nientemeno che al primo giorno della Genesi:


Poi DIO disse:
Vi sia un firmamento tra le acque
che separi le acque dalle acque.

E DIO fece il firmamento
e separò le acque che erano sotto il firmamento
dalle acque che erano sopra il firmamento.

E così fu.

E DIO chiamò il firmamento "cielo".

Così fu sera, poi fu mattina:
il secondo giorno.


[Genesi 1, 6-8]


Se il termine “acque” richiama i movimenti vorticosi della volta celeste, il termine “firmamento” sembra proprio indicare l’eclittica: una linea, che Dio chiama “cielo”, che separa le “acque superiori” da quelle “inferiori”. Sull’eclittica-firmamento, il Sole resta “fermo”, immobile nel corso dei millenni, nonostante soffi una forte corrente – il movimento precessionale – che obbliga tutta la sfera celeste a muoversi incessantemente da occidente ad oriente. Forse potrebbe spiacere come questa spiegazione rischi di smontare il più importante cavallo di battaglia dei terrapiattisti ...


Le dodici costellazioni zodiacali, che vengono tagliate a metà dall’eclittica, costituiscono i “resti” di questa opera creativa:


e si portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane,
ed anche i resti dei pesci.


[Mc. 6, 43]


Occorre notare che il fatto che il cielo venga chiamato con il termine “acque”, spiega anche il motivo per cui Gesù nel Vangelo si muova spesso in barca, o cammini sul mare. Gesù che cammina sul mare è una poetica immagine del Sole, che attraversa quotidianamente il cielo. In questo senso va interpretato il gesto che Gesù compie nel passo in esame:


Sbarcando […]


[Mc. 6, 34]


Il Sole “sbarca”, ossia lascia la distesa del cielo per approdare sulla terra, nel momento del tramonto: nell’ora terminale del giorno, il Sole ha l’occasione di vedere i primi pellegrini, ossia le prime stelle che timidamente si affacciano dalla volta celeste.


A mio avviso, l'evangelista Marco non ha affatto trascurato di riportare quale fosse l’insegnamento di Gesù: esso era proprio l’atto di spezzare il pane. Nella breve, ma intensissima ora del tramonto, in cui il cuore dell’uomo è solito porsi le più profonde domande sull’esistenza, il Sole funge da elemento ispiratore per la creazione delle costellazioni, prima della sua definiva partenza oltre l’orizzonte.


Conclusioni

L’interpretazione astronomica appena fornita non è esente da pecche, tuttavia sembra in grado di dare una risposta a gran parte delle domande poste all’inizio del paragrafo. L’ ipotesi appena esposta non deve togliere, a chi vuole coltivarla, la romantica idea che Gesù fosse un uomo in grado di interagire con la materia, e quindi capace di ricavare da qualche panino il necessario per sfamare una folla. Né deve o può essere utilizzata strumentalmente da chi intende svilire il senso della Religione Cristiana, dei suoi riti e delle sue tradizioni.


Chi lo desidera, può tuttavia ricordare che l’episodio universalmente noto come “la moltiplicazione dei pani e dei pesci” può assumere anche un titolo differente: “la creazione del cielo”, tenendo presente che l’atto creativo non si riferisce in questo caso alla generazione dal nulla di materia ed energia, ma alla più fine opera di “dare un senso” alla realtà percepita. L’attribuzione di un certo significato alla realtà costituisce un atto creativo nel senso più letterale del termine: da quel momento, quella parte di realtà entra nella sfera conoscitiva dell’individuo ed inizia ad interpretare un preciso ruolo, che verrà mantenuto fino al momento in cui un altro atto creativo uguale al primo, genererà un nuovo significato.


Questo tipo di creazione, che proviene dalle componenti più elevate ed ignote dell’Io, può costituire uno strumento potentissimo di autoconoscenza: l’uomo che ha il coraggio di osservare il proprio modo di classificare la realtà può trarre preziose informazioni per esplorare quelle componenti e comprendere come funzionano. Gesù, nel “creare” il cielo, compie uno degli atti più straordinari di sempre: le stelle si trasformano in glifi, i glifi in figure, le figure in storie, e le storie in emozioni. Non è avvincente, nelle fredde notti invernali, scorgere il gigante Orione, nell’atto di affrontare il poderoso Toro celeste? Che malinconia si prova nel ricordare la difficile storia della regina Cassiopea, nelle calde notti d’estate? Ogni emozione diventa essa stessa creazione, nel momento in cui viene provata, estendendo all’infinito la consapevolezza umana, ben oltre gli angusti vincoli della realtà materiale.


Il nostro Gesù non è soltanto un Dio diventato uomo 2.000 anni fa, in Israele, ma un’energia, che si incarna ogni volta che un essere umano viene al mondo, e che lo accompagna in ogni istante della sua esistenza. È l’insieme delle più elevate facoltà umane, delle ispirazioni più belle, il traguardo di tutti i percorsi.


6 commenti:

Yesterday’s Man ha detto...

Un applauso sincero

Yman

Arcana Ricordo ha detto...

Grazie Yman!

Arcana Ricordo ha detto...

Fabio, che aveva già letto questo pezzo, ha già avuto occasione di "bacchettarmi" sul numero 5.000, non avendo trovato alcun riferimento che assicuri che gli antichi considerassero questo il numero delle stelle visibili.

In effetti, 5.000 sembra essere il numero di stelle più o meno percepibili ad occhio nudo: ce lo conferma minutephysics. Non ho trovato un riferimento che confermi che questo numero era noto anche nell'antichità, ma è ragionevole pensarlo. D'altra parte, i cataloghi stellari più noti dell'antichità riportavano tra le 400 e le 1.200 stelle, ognuna con le proprie coordinate. E' ragionevole pensare che il numero di stelle non catalogate fosse almeno 5-10 volte maggiore di quelle riportate nel catalogo?

Nel capitolo 8 del Vangelo di Marco, il miracolo della moltiplicazione viene ripetuto e stavolta il numero dei presenti è pari a 4.000. Tale sembra essere il numero di stelle visibili in una notte di Luna Piena ...

fabio painnet blade ha detto...

Qui @rric contravviene una lezione che , io stesso, ho appreso su queste pagine: quando gli antichi descrivevano il Cielo, sostanzialmente parlavano del tempo. Difficile che la tradizione degli astronomi ebrei, o babilonesi, fosse finalizzata a una mappatura della volta celeste, fine a sè. Ciò che interessava loro era il tempo del quale il cielo, con i suoi movimenti, rappresentava la misura. L'articolo, previo qualche piccola correzione, andrebbe - secondo me- titolato:'La creazione del Tempo'.

Ma veniamo ai numeri.
La quantità 5000 potrebbe infatti indicare la totalità del tempo. Già in altri passi biblici (libro dei Numeri), le persone indicavano intervalli di tempo, in quella circostanza ore. I cicli di 150 (probabilmente gradi precessionali) sono contenuti infatti 33 volte in quella quantità.Ancora una volta la totalità del tempo terrestre si correla a quella del Dio in carne che visse 33 anni. Ogni gruppo di 150 gradi precessionali corrisponderebbe dunque a 10.800 anni solari, cioè i cinque cicli prima dell'avvento del consacrato da sacrificare per salvare l'umanità, preda del disordine/diavolo. I cinque cicli finali sono quelli compresi fra la Vergine/pani e i Pesci/pesci, il tempo relativo,in mezzo a questi segni, è infatti quello che nutre l'umanità. L'episodio allora vorrebbe dire: noi siamo qui, manca ancora questo tempo alla fine del ciclo, affinché si compia la parola di Dio (10800+2160= 12960 anni).
Naturalmente la mia è solo una lettura alternativa.

Arcana Ricordo ha detto...

E' una lettura alternativa davvero intrigante e andrebbe approfondita, o forse spiegata più approfonditamente ... visto che oltre a queste pagine (dove sei e resti il benvenuto) adesso hai pure a disposizione uno spazio autonomo dove poterti esprimere, hai ancora meno scuse per rimandare la Grande Opera!

Per la verità il concetto alla base di queste pagine - perlomeno di quelle che scrivo io - è che a differenza del Vecchio Testamento, il Vangelo è un testo che nasconde una simbologia di matrice geometrica e non aritmetica. Secondo me, i numeri costituiscono più il territorio culturale più della tradizione ebraico-giudaica; al contrario, il Vangelo recepisce gli insegnamenti di derivazione greca fondati sulla geometria: le nozioni platoniche relative ai solidi regolari, il calcolo infinitesimale (realizzato con criteri squisitamente geometrici) inventato da Archimede di Siracusa (che per primo ricavò la misura del volume della sfera), il calcolo delle distanze basato sull'uso degli angoli e dei rapporti (che consentì ad Ipparco di stimare addirittura la distanza Terra-Luca), ecc. intervengono pesantemente nella simbologia evangelica.

Una traduzione in simbolo di concetti geometrici dà luogo, per esempio, al "bacio di Giuda": un episodio che rappresenta una condizione di tangenza tra il disco solare ed il confine d'Era Pesci-Acquario. Gli Apostoli, nel momento in cui rappresentano le Ere Astrologiche, appaiono armati di "spada" (tutti, non soltanto Pietro), che rappresentano i confini di ciascuna Era. Ma ci sono tantissimi altri episodi ...

Io, che sono credente, resto convinto del fatto che Gesù conoscesse perfettamente il valore simbolico di questi episodi ed abbia curato in prima persona la forma con cui essi vennero riportati nei Testi che conosciamo. A riprova di questa mia convinzione, mi viene in aiuto lo stesso Gesù, che lavando i piedi a Pietro lo rassicura "Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo", alla fine dei tempi, aggiungo. D'altra parte, sono anche convinto che le alterazioni e manomissioni operate nel corso dei secoli siano state molto meno aggressive di quanto sostenuto da alcuni critici privi di sensibilità per i simboli. Prova ne è la consistenza dei simboli stessi.

La geometria è alla base di quasi tutta la simbologia di ogni tempo, inclusa quella cristiana. Questo perché questa disciplina ha l'indiscusso vantaggio di essere direttamente assimilabile anche in assenza di una cultura specifica sul tema. Chiunque sarebbe in grado di dire se un cerchio risulta tangente ad una retta oppure no. Al limite, una persona illetterata, non saprebbe che la condizione in cui il cerchio e la retta risultano in contatto per un solo punto è chiamata "condizione di tangenza". Chiunque saprebbe dire se due rette sono più o meno ortogonali oppure no. Chi dispone di strumenti di misura opportuni può misurare con maggiore accuratezza la precisione della condizione di ortogonalità, ma ai fini della costruzione di un simbolo tale livello di precisione è ininfluente.

Proprio per questo motivo, mi intriga la decodifica numerologica delle Scritture: perché se si trovasse una concordanza incontrovertibile tra le diverse simbologie, avremmo fatto bingo. Ma le nostre differenze di vedute testimoniano che il nostro livello di comprensione è ancora lontano dal poter concepire la "teoria del tutto". Il che significa che abbiamo ancora modo di divertirci!


fabio painnet blade ha detto...

Necessarie e puntuali le tue precisazioni. Come sempre. Condivisione a tutto tondo rispetto la geometria evangelica mutuata da ambienti ellenistici. Senza scordare che anche la geometria si fonda su numeri e relazioni.
Sulla 'teoria del tutto' sollevo qualche riserva perché secondo me, almeno per quanto riguarda i testi veterotestamentari, il procedimento adottato coinvolge menti e astronomi sconosciuti e di epoche molto diverse. Ciascuno quindi produceva le proprie misure secondo i mezzi a disposizione e seguendo un filone di ricerca spesso autonomo. I libri del Pentateuco riportano misure piuttosto precise riguardo l'anno platonico, ma da un certo momento in poi, passa il concetto dei 72 anni che arrotonda la velocità di spostamento 50'' sec. d'arco, netti, per anno solare. Se avessero adottato le misure decimali per il grado del ciclo precessionale, sarebbero stati di sicuro più precisi ma avrebbero finito per tirarsi dietro una quantità decimale anche per la misura della velocità del ciclo precessionale.

In definitiva, più che una piena sovrapponibilità, mi accontenterei del principio di non contraddizione (l'una non contraddice l'altra, cioè un principio manterrebbe il proprio significato senza annullare quello dell'altro.)

Come confermano molti studiosi, non è affatto detto (e men che meno comprovato) che ogni libro fosse stato redatto sulla base dei precedenti, le fonti sono quindi eterogenee e non palesemente collegate fra loro.
I miei presupposti metodologici, tuttavia indicano una certa ricorrenza nella divisione dell'anno, sempre in 360 parti (e non 365) proprio per sviluppare concetti costruiti sul binario spazio (gradi d'arco)- tempo e il ricorso quasi costante ai gradi precessionali.