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martedì 4 giugno 2019

La lista dei re dei regni di Giuda e Israele


Mi perdonerà, spero, il buon Fabio, se pubblico con colpevole ritardo questo suo pregevole contenuto. Alcune contingenze mi hanno impedito di seguire il blog con la necessaria attenzione ed alcuni incovenienti tecnici, mi stavano pericolosamente portando ad ipotizzare una revisione ed ammodernamento di questo spazio .... che (per fortuna) non vedrà mai la luce! Per il momento, mi limito a riportare il frutto del lavoro di Fabio, augurando a tutti buona lettura!
Arcana Ricordo



La lista dei re dei regni di Giuda e Israele 
Dieci gradi esatti del ciclo precessionale degli equinozi
 
di Fabio Painnet Blade
a cura di Maria Atzori


Gli storici non devono aver faticato troppo per ricomporre la cifra indicante la durata dei Regni di Giuda e Israele dall’epoca di Davide a quella di Nabucodonosor, il sovrano babilonese noto per la deportazione del popolo ebraico. Una volta tanto, l’anonimo autore, ammesso che sia stato il solo, non si è ingegnato a comporre e decomporre sommatorie complicate, a costringere il lettore a esercizi di conversione di pesi e valori monetari in sottomisure, multipli e sottomultipli: niente di tutto ciò! Pare proprio che stavolta le somme trascritte abbiano rappresentato esattamente quantità temporali, per la gioia dei posteri e degli accademici che, con disinvoltura, hanno potuto proporre le loro soluzioni con un margine d’errore minimo. Ne sono scaturite datazioni perfino attendibili che ci fanno supporre un inizio e una fine del lasso di tempo in cui si sono alternati i regni di Giuda a sud, e di Israele a nord dell’antico territorio ebraico. 

Le nostre valutazioni finali tuttavia hanno portato a conclusioni diverse e soprattutto a comprendere il senso di sviste ed errori tanto banali da lasciare intatto il sospetto che non fossero frutto di distrazione. Non ci è parso infatti che qualcuno si sia dannato l’anima a cercare quel valore, il settantadue, che a noi è parso risolutivo rispetto molti elementi controversi. Ebbene, a quanto pare, anche in siffatti conteggi di anni, il numero settantadue torna tondo e non-eludibile in forma di multiplo, come 720. 

Questa importante cifra, nella misura di gradi angolari, rivela fra le altre cose, anche la durata di due terzi del fenomeno legato all’oscillazione dell’asse terrestre conosciuto oggi come Obliquità dell’eclittica (in relazione all’angolo dell’asse della terra rispetto alla perpendicolare al piano dell’orbita della terra rispetto al sole) il cui valore cambia ciclicamente di un ampiezza compresa fra i 22,5° e i 24,5° in un periodo di circa 40.000 anni solari. 

Nell’anno 2000 l’inclinazione dell’eclittica aveva raggiunto i 23° 26’. L’autore dei testi pertanto, deve aver fatto in modo che, le cifre degli anni andassero a sommarsi in modo esatto per ottenere la quantità che gli interessava celare, il settecentoventi, e già questo semplice dato suggerisce che nel primo e nel secondo libro dei Re, si sia voluto indicare la durata - in anni - di un arco temporale corrispondente, in gradi, a ben due anni platonici. 

La nostra riflessione finale è che, in tutta probabilità, i valori riportati nel testo possano anche conservare l’attendibilità storica, benché nulla ci vieta di pensare che in fondo qualche ‘aggiustamento’, il nostro anonimo autore, debba pur averlo fatto. Ciò che importava tenere in memoria era quindi il risultato della sommatoria finale, non tanto la corrispondenza della singola durata dei regni, a dimostrazione del fatto che egli, in fondo, qualche nozione astronomica doveva pur averla ricevuta da qualcuno e che perciò, per quanto sconosciuto, egli sarebbe potuto benissimo appartenere a una classe di esperti sapienti che conoscevano i significati astronomico-matematici dei libri precedenti e soprattutto erano a conoscenza del linguaggio con cui esprimersi. Non si trattava quindi di uno scribacchino qualunque e semmai lo fosse stato, di sicuro si era avvalso di consulenti molto preparati. 

Messa da parte l’ironia, ci siamo proposti di analizzare i dati secondo il criterio applicato fino ad ora. Nelle due seguenti cartelle riassuntive scaricate dalla rete, ciascuno potrà, calcolatrice alla mano, eseguire liberamente i propri conteggi, non lasciandosi sviare dalla prolissità di ignari commentatori, o dalle imbeccate di personalità dotte il cui interesse, per loro stessa ammissione, si è soffermato soprattutto sulla porzione alfabetica del testo. 


Re di Giuda
[cliccare per ingrandire]

Re di Israele
[cliccare per ingrandire]



L’ ‘errore’ calcolato

Nei due elenchi, nella prima colonna a destra del nome sono indicati gli anni in cui ha governato ogni sovrano dei regni di Giuda e di Israele. Le sommatorie complete registrano 398,5 anni per i re di Giuda e Gerusalemme e 236 anni, sette mesi e sette giorni di governo per i re di Israele. La somma aritmetica delle due quantità fornisce una prima, indicativa soluzione: 635 anni, un mese e sette giorni solari. Il valore del tempo ottenuto sembrerà, a primo acchito, poco significativo, se però ad esso provassimo ad aggiungere gli anni di regno di Davide e di Salomone, rispettivamente trentatre e quaranta, ecco che il risultato, settecento e otto anni, comincerebbe a suggerire qualcosa di familiare.
 

Lungi dall’accogliere senza riserve una simile soluzione abbiamo tuttavia spinto il nostro scetticismo molto più avanti di quanto i computi ufficiali volessero indicare, ed allora ci siamo avventurati nei contenuti più reconditi del testo canonico, versetto per versetto. Solo allora il nodo, cioè l’approssimazione di comodo, è venuta al pettine con un dato che, difficilmente, un occhio distratto avrebbe potuto notare.

Soffermandoci quindi con maggior puntigliosità su ogni singolo passaggio dei vari capitoli e dei racconti riportati nei testi di 1Re e 2Re, abbiamo verificato che, laddove è scritto “nell’anno ventisettesimo di Geroboamo (II) re d’Israele” (2Re 15: 1) , l’autore sembra commettere un errore (Errore rilevato peraltro anche da Martin Anstey nel suo libro The romance of the Bible chronology*). Il regno di Emazia, in realtà, sarebbe stato lungo ben ventinove anni, partendo infatti dal secondo anno di regno di Ioas (re d’Israele), la fine sarebbe dovuta coincidere quindi col quindicesimo anno di re Geroboamo II e non col ventisettesimo anno del suo regno, come riporta l’autore biblico.

Questo buco di dodici anni sommato ai settecento e otto anni della somma complessiva dà come risultato 720 gradi, corrispondenti alla misura in ampiezza dell’oscillazione completa dell’asse terrestre sulla perpendicolare dell’eclittica; questa misura viene riproposta anche nel capitolo ottavo del Libro di Esdra (Esdra 8: 26), dove la quantità di preziosi espressa in talenti e dàrici d’oro (720) appare ancora una volta indicativa. Da questo momento in poi, la base settantadue (al posto di quella più precisa rilevata in Genesi), verrà continuamente riproposta nei passi dei testi biblici, sia del Vecchio quanto del Nuovo Testamento, come base della cifra dalla quale si sono calcolati i 720 gradi angolari di cui abbiamo già spiegato il significato astronomico.

Non sembrerebbero sussistere ulteriori dubbi pertanto, rispetto al vero risultato che l’autore, sebbene in forma celata, avesse voluto indicare. Ecco i numeri - dichiarati da fonte autoriale - a cui attenersi per svolgere il conteggio finale: 



  • Durata regno Giuda                = anni 398,5
  • Durata regno di Israele e Samaria = anni 236,5 + 37 giorni
  • Durata regno di Davide            = anni 33
  • Durata regno Salomone             = anni 40 
  • Intervallo/errore (2Re 15: 1)     = anni 12
                               Totale = anni 720 + 37 giorni
 

Gli anni possono avere valore di anni solari e rappresentare un arco temporale di dieci gradi precessionali, oppure rappresentano gradi angolari ed allora la durata è quella di due anni platonici ( 51.840 anni solari ). 

Non crediamo, quindi, di aver esagerato nel ritenere lo sconosciuto autore dei due libri dei Re non meno acuto e ingegnoso dei suoi predecessori e bisogna persino riconoscere quanto, anche lui, in fede ai magisteri di un antica casta sacerdotale (rabbinica), sia stato estremamente abile nell’ architettare un efficace diversivo per sviare i comuni lettori. E bisogna anche ammettere che ci sia riuscito egregiamente, dal momento che i cosiddetti esperti in materia, a distanza di (probabili) millenni brancolano ancora nel buio, tacciando di inattendibilità resoconti che - contro il parere di altri importanti Autori - non sono stati redatti allo scopo di fornire dati storici, ma più propriamente, come questo nostro lavoro ha finora cercato di certificare, al fine di trasmettere in un linguaggio tecnico (che Giorgio de Santillana ha definito ‘arcaico’),informazioni scientifiche di importanza capitale per la civiltà e la cultura ebraica dell’epoca. 

Il numero settantadue ci fornisce allora la pietra di paragone per eccellenza, il numero emblematico con cui avallare i caratteri di un linguaggio (arcaico, mitico) piuttosto ‘distratto’ quando si è trattato di fornire cronache , racconti realistici e operazioni di calcolo di quantità fittizie, ma attentissimo e scrupoloso quando si è trattato di riportare, simboleggiare e criptare, nozioni scientifiche spesso riferite a cicli temporali astronomici. Anche in questo caso dei due Libri dei Re abbiamo visto e tristemente constatato come i solerti cattedratici non si siano astenuti dal negare che ogni errore aveva una precisa funzione criptica e ogni risultato, alla fine, riportava regolarmente alle somme e soluzioni tarate sui valori di riferimento, di cui il settantadue ha rappresentato la cifra principe. 

In chiusura di capitolo riportiamo il parere egli accademici di professione. Per dovere di laconicità abbiamo voluto limitare una lista che si sarebbe presentata molto lunga e noiosa, a questi pochi critici di riconosciuta fama: William Albright, Gershon Galil, Martin Anstey, Mario Liverani e Marco Nobile. 

William Albright nel saggio The chronology of the divided monarchy of Israel  sostiene di aver dimostrato l’inattendibilità cronologica  dei libri citati avendo evidenziato, in un punto particolare della cronologia dei Re, una grave incongruenza. In particolare egli ritiene che sommando gli anni da Jeu a Facee, re d’Israele, dovremmo ottenere una cifra di anni identica a quella dei re di Giuda, cioè 114 anni perché, Jeu (Israele) e Atalia (Giuda) iniziano a regnare lo stesso anno e lo stesso dicasi di Facee (Israele) e Jotam (Giuda) dando luogo a un perfetta sintonia, che però Albright non rintraccia poiché per Giuda calcola 128 anni, mentre per Israele, come abbiamo detto, 114. Da questa constatazione egli formula il suo giudizio di inaffidabilità dei testi biblici. 

Anche Gershon Galil scrive che la cronologia dei Re presenta gravi incongruenze. Lo studioso al Cap. 2 pag. 12 di The chronology of the Kings of Israel and Judah riporta due casi: Il primo fa riferimento agli anni che intercorrono da Geroboamo alla morte di Joram, entrambi re d’Israele e quelli che passano dall’incoronazione di Roboamo alla morte di Ocozia, re di Giuda. 

Egli sostiene che dovrebbero essere espressi da una cifra identica, mentre ciò non accade.

Martin Anstey * nel il suo lavoro del 1913 The romance of the Bible chronology per avallare la tesi dell’inaffidabilità degli autori biblici  mette in evidenza fonti che potremmo riassumere così: consideriamo per esempio 2Re 15,1 dove ci viene detto che Azaria cominciò a regnare in Giuda il 27° anno del regno di Geroboamo II° d’Israele. Questo è un problema perché 2Re 14,23 dice che Geroboamo II° divenne re d’Israele nel 15° anno di Amazia di Giuda ed Amasia ha regnato solo 29 anni (2Re 14,2).

Ciò significa che Amasia è morto intorno al 15° anno di Geroboamo d’Israele, generando un vuoto di 12 anni tra la morte di Amasia e l’ascesa di Ozia. Anstey fornisce delle spiegazioni per dire che gli anni erano 11 e rafforzare così la sua sfiducia sulla precisione della Bibbia. 

Il titolo del libro di Mario Liverani Oltre la Bibbia invita il lettore ad andare oltre il testo sacro che di sacro per l’autore non ha niente. Colpisce la veemenza del giudizio che dà sui due Libri dei Re: “...la cronologia è confusa e i 40 anni per i regni di Giuda e Israele sono ovviamente fittizi.” Sembra proprio che tale affermazione nasca dalla semplice constatazione che, ricorrendo per due volte il numero 40, è giocoforza pensare che siano cifre messe lì a casaccio. Con Albright, Galil e Dunstey, egli trova ovvio sostenere l’inattendibilità della cronologia dei Re sulla base di un calcolo di seconda mano e per giunta sbagliato. 

Secondo Marco Nobile, autore di 1-2 Re, la costruzione teologica è qualcosa che si discosta profondamente dal metodo storico, perché il redattore ha come scopo principale “…l’ interpretazione della storia alla luce della sua fede jahavista: in breve, egli - per Nobile - voleva fare della teologia biblica. Per raggiungere questo scopo, egli ha usato come modalità lo strumentario idoneo per un’operazione storiografica come si concepiva in antico: raccolta e selezione di fonti, rimaneggiamento del materiale a disposizione e forte intervento manipolativo per piegare detto materiale alla sua tesi. Questo modo di lavorare si può tuttavia definire ‘ideologico’ e tanto basta a Liverani per formulare i suoi duri giudizi sul valore storico dei testi biblici. 

Conclusioni 

Dopo aver letto questi pareri ci chiediamo se è possibile che illustri professori si siano sbilanciati in pareri tanto audaci e, a nostro modo di intendere, persino un tantino supponenti: “cronologia fittizia” ; “cifre buttate lì a casaccio.”; “gravi incongruenze”; “inaffidabilità dei redattori”. Questo è il gergo a loro più congeniale nell’ emettere pareri che di tutto tengono conto eccetto che della loro reiterata incapacità critica. 

Possibile che abbiano scritto saggi così apprezzati senza aver tenuto conto che il linguaggio arcaico non è affatto un espediente per scrivere racconti di fantasia? Possibile che spesso si siano avvalsi di ricostruzioni cronologiche a dir poco cervellotiche, precludendo ai più la possibilità di accedervi?

5 commenti:

Alfonso ha detto...

Ciao Fabio, mi trovo d'accordo sui concetti espessi da Nobile, cioè, che il contenuto biblico è tutto fuorché storia.
Leggendo gli interessanti post,dal mio punto di vista, allora, la Bibbia è filogreca, perché è dominata da un modello geometrico matematico, il cui pensiero dominante afferma che esistono certe verità assiomatiche, incrollabili, da cui è possibile dedurre mediante una logica rigorosa certe conclusioni assolutamente inoppugnabili; che sia possibile attingere questo tipo di saggezza assoluta grazie a un metodo specifico; che esista una conoscenza assoluta raggiungibile in questo mondo, e che se soltanto riuscissimo a conseguire questa conoscenza assoluta, di cui la geometria, e anzi la matematica in generale, costituisce l’esempio più evidente.

fabio painnet blade ha detto...

Io mi ritrovo in Santillana che completa la tesi del Nobile, il quale dice che non si tratta di storia ma neppure di fantasia, bensì di scienza (astronomica). Lode al grande Giorgio, dunque.
La Bibbia dopo i septuaginta è 'filo greca' , eccome!

Se questa è la conclusione, tua e degli studiosi moderni, ebbene è stata ampiamente sconfessata da deSantillana, infatti gli aggiustamenti convenzionali dei cicli riguarderebbero il fatto che il conteggio reale porterebbe fuori (di 11° ) da un contesto esatto.L'unità di misura del ciclo precessionale, insomma non andava bene. Le convenzioni servono per adattare i calcoli geometrici all'indeterminazione del cosmo e della biologia. Einstein c'è morto senza dimostrare questa supposta precisione, lasciando il campo libero alla formalizzazione quantistica. In fondo, nella scala umana cicli macroscopici indeterministici appaiono regolari e deterministici. I calcoli umani e la fisica teorica, nel breve risolvono problemi e questioni, ma nel lungo periodo finiscono per rivelare questa incredibile caratteristica dell'universo. Sembra difficile, ma so che tu Alfonso, mi puoi capire benissimo.

Alfonso ha detto...

Ciao Fabio, bellissima risposta, approfitto della tua pazienza e della tua competenza per porti queste domande non so sino a che punto legittime e utili alla discussione:
la diffusione delle leggi e delle ricerche che guidano la ricerca scientifica influenzano la formazionme culturale e educativa. Ma l'importanza riservata alla fisica quantistica è notevolmente minore rispetto a quella deterministica. Ne consegue che si prende per vero ciò che è falso, cioé il nostro modo di adattarci alla realtà e guidato da una visione deterministica, quando invece l'essenza dell'universo è indeterministica?
L'altra domanda: ma cosa vuol dire "L'unità di misura del ciclo precessionale, insomma non andava bene", ma come, non è stato possibile trovare un altra unità di misura per evitare l'intervento di questi "aggiustamenti convenzionali"?.
Ti ringrazio.

fabio painnet blade ha detto...

La storia dell'astronomia è storia di aggiustamenti e di approssimazioni.
Gli anni bisestili non servono forse ad aggiustare qualcosa? Non è mica che ogni quattro anni una vibrazione dell'asse terrestre rallenta per 24 ore. E le ventiquattr'ore non sono forse un'approzzimazione di 23h 56' 4''? Noi tutti facciamo uso di queste approssimazioni, le ricordiamo e le trascriviamo continuamente ma nessun astronomo si sogna di dire che siamo ignoranti in matematica. Scrivo questo perché il mio 'amico' Piergi sostiene che siccome gli ebrei approssimavano il Pi Greco con tre e il 71,458... col 72, non sapevano una cippa di matematica. Allora @Alfonso, mi lascio trascinare volentieri in questo off-topic fuori programma.

fabio painnet blade ha detto...

'NOn andava bene' significava che le stelle, trascorsi millenni, non tornavano al proprio posto, finché si sono accorti che questo succedeva ogni tre cicli precessionali, da quel momento debbono aver utilizzato il ciclo precessionale come noi usiamo i regoli.