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martedì 7 dicembre 2021

I Confini dell'Esistenza


Mi rendo conto che non sono ancora riuscito a mostrare ai lettori una visione d'insieme riguardo ai temi che trattiamo qui. Quando si inizia a decifrare la simbologia astronomica presente nei Vangeli, ci si accorge che l'immagine che si ottiene è caratterizzata da una straordinaria coerenza: ogni simbolo è legato agli altri e tutti insieme permettono di mappare sulla volta celeste non soltanto la vita di Gesù, ma il nostro stesso percorso esistenziale.

Gesù non è soltanto una figura storica di straordinaria portata: il personaggio raccontato nei Vangeli rappresenta anche la scintilla divina presente in ciascuno di noi. Egli è l'anelito vitale, la voce interiore che ci guida per il giusto cammino, il senso stesso della vita; ma è anche lo Spirito di quella "generazione" umana, nata ai tempi del diluvio, che da allora ha intrapreso un percorso evolutivo che l'ha portata all'attuale stato di sviluppo.

Arcana Ricordo



Tutti sappiamo che l'esistenza terrena è finita: inizia il giorno in cui nasciamo e termina il giorno della nostra morte. Un giorno qualcuno mi ha fatto osservare come Gesù sia l'uomo che riesce a travalicare i confini dell'esistenza umana: nasce dal grembo di una madre vergine e, una volta morto, lascia un sepolcro vuoto. Gesù non ha un padre biologico: il dogma dell'Immacolata Concezione, che domani festeggeremo, ci insegna che Maria era vergine al momento del concepimento e tale è rimasta dopo il parto. Dalle parole che l'Angelo rivolge a Maria "tu concepirai un figlio" [ Lc. 1, 31 ], sappiamo che la Madonna è in effetti la Madre del Redentore, non una semplice "prestatrice di utero" per un embrione già fecondato altrove. Tuttavia, l'agente fecondante che consente la genesi del Bambino proviene da una dimensione non terrena, atemporale, propria dello Spirito: la stessa dimensione a cui il suo corpo martoriato farà ritorno, dopo essere stato deposto dalla croce e chiuso nel Sepolcro.



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(cliccare per ingrandire)


Le religioni ci insegnano che in realtà anche noi possiamo trascendere i confini dell'esistenza terrena. Una parte di noi appartiene infatti alla dimensione atemporale: esisteva prima della nostra nascita e continuerà ad esistere dopo la dissoluzione del corpo fisico. Questa affermazione è vera sia per il singolo individuo, sia per il collettivo umano: quell'organismo a cui tutti apparteniamo, fatto di "civiltà umane" in continua evoluzione. Il nome che Gesù attribuisce ai collettivi umani vissuti in ogni tempo è generazioni: insiemi di anime che si trovano a determinati livelli evolutivi e che condividono determinate esperienze in particolari epoche storiche. La simbologia astronomica presente nei Vangeli ci porta a identificare il tempo di vita di ciascuna generazione con un periodo avente la durata di un emiciclo precessionale: all'incirca 13.000 anni. Anche le generazioni hanno una esistenza confinata tra due eventi: uno creativo e l'altro distruttivo e come gli individui, anch'esse possono lasciare traccia del loro passaggio in quelli che i teosofi chiamano "registri Akashici": le memorie collettive in cui si raccoglie l'esperienza.



Il corpo umano prendere forma all'interno del grembo materno, in un ambiente acquatico; dopo la morte, il corpo perde i liquidi, quindi si decompone e diventa cenere, attraverso un processo di combustione chimica. L'acqua è pertanto l'elemento della nascita, mentre il fuoco è l'elemento della morte. Qui si innesterebbero una serie di discorsi interessanti: non abbiamo tempo per digressioni che ci porterebbero molto fuori strada, ma non posso non osservare che la Fenice è l'uccello mitologico che pone fine alla propria esistenza nel fuoco e che dalle ceneri riesce a rinascere. Anche Gesù nel sepolcro subisce un processo assimilabile alla combustione: i segni sulla Sindone sembrano rivelare come il suo corpo si sia trasmutato, dando origine ad una potentissima radiazione, che ha impresso il telo come se fosse un negativo fotografico.




Gesù è quindi l'essere capace di travalicare la barriera del fuoco, utilizzando questo elemento per poter tornare alla vita. Constatando la capacità di Gesù di rinascere, è abbastanza naturale chiedersi se questa rinascita sia avvenuta una volta sola, o se si tratti di un processo ciclico, in cui ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio. E a questo proposito trovo estremamente significativo un episodio raccontato da un testo apocrifo, il Protovangelo di Giacomo, che riguarda Salomè: l'ostetrica che assistette Maria durante il parto, ma che non riuscì a credere alla Sua verginità.

Entrò l'ostetrica e disse a Maria: "Mettiti bene. Attorno a te, c'è, infatti, un non lieve contrasto". Salome mise il suo dito nella natura di lei, e mandò un grido, dicendo: "Guai alla mia iniquità e alla mia incredulità, perché ho tentato il Dio vivo ed ecco che ora la mia mano si stacca da me, bruciata".

[Protovangelo di Giacomo, 20, 1]


La combustione della mano dell'ostetrica porta a sospettare che l'ambiente pre-natale di Gesù, il grembo di Maria, non fosse caratterizzato dalla presenza di acqua, ma di fuoco, avallando l'idea che il piccolo non si stesse sviluppando per la prima volta, ma anche allora stesse rinascendo come una fenice. A tal proposito occorre specificare che il fuoco non è soltanto l'elemento della rinascita, ma anche e soprattutto lo strumento della più sublime forma purificazione. Lo stesso Giovanni Battista, ovvero colui che per primo iniziò ad usare l'acqua per purificare i peccatori istituendo il Sacramento del Battesimo, insegna che il battesimo con acqua non permette ancora di raggiungere l'assoluta purezza dell'essere: per quella è necessario il fuoco.


Io vi battezzo con acqua,
in vista del ravvedimento;
ma colui che viene dopo di me è più forte di me,
e io non sono degno di portargli i calzari;

egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco.



Anche l'attuale generazione umana nacque dall'acqua: lo sconvolgimento globale che diede inizio all'emiciclo precessionale corrente coincide con ogni probabilità il "diluvio universale". La maggior parte dei più antichi reperti archeologici in tutto il pianeta lascia supporre che un evento globale sconvolse l'assetto planetario in una epoca compresa tra il 12.000 ed il 10.000 A.C. La simbologia astronomica consente di collocare temporalmente questo evento al termine dell'Era della Vergine e all'inizio dell'Era del Leone, avvenuta attorno all'anno 10.960 A.C.. I dialoghi platonici, come il Timeo, raccontano di interi continenti che si inabissarono distruggendo le civiltà che li popolavano. La Bibbia riferisce di piogge estesissime che finirono per ricoprire d'acqua l'intero globo terrestre. E proprio come per l'essere umano, le Scritture prevedono per la generazione una fine nel fuoco: Sant'Agostino parla di una "Grande Conflagrazione" (di cui abbiamo parlato qui) che deve avvenire alla fine dei tempi, dando origine ad un nuovo sconvolgimento dell'assetto planetario.



L'esperienza diretta ci porta a temere il fuoco, per le sue proprietà distruttive. Gesù invece insegna a non temere il fuoco, ma anzi ad utilizzarlo per la propria purificazione e rinascita. E non è l'unico: lo stesso Dante, in viaggio attraverso i Regni dell'oltretomba, racconta di aver attraversato un incredibile incendio e di esserne uscito illeso. Arrivato quasi in cima alla montagna del Purgatorio in compagnia di Virgilio e di Stazio, il Poeta racconta di aver trovato un terribile muro di fuoco a sbarrare il cammino che conduce al giardino dell'Eden, che si trova sulla sommità del monte. Il fuoco è chiaramente una prova tremenda per il Poeta: dopo un cammino tanto travagliato e doloroso, quanto lo è la risoluzione dei propri traumi interiori, Dante appare atterrito all'idea di gettarsi tra le fiamme. Il terrore è tale da renderlo insensibile ad ogni richiamo della sua guida, Virgilio. Riesce a smuoverlo soltanto il nome di Beatrice, che - gli viene detto - si trova proprio al di là delle fiamme.


Testo Parafrasi

Sì come quando i primi raggi vibra Il sole era in quella posizione in cui si trova quando vibra i suoi primi raggi là dove il suo Creatore fu ucciso (Gerusalemme), mentre l'Ebro (Cadice) è sotto la costellazione della Bilancia, e le onde del Gange sono arse dal mezzogiorno; per cui il giorno stava finendo, quando ci apparve lieto l'angelo di Dio.
là dove il suo fattor lo sangue sparse,
cadendo Ibero sotto l’alta Libra,

e l’onde in Gange da nona riarse,
sì stava il sole; onde ‘l giorno sen giva,
come l’angel di Dio lieto ci apparse.

Fuor de la fiamma stava in su la riva, Stava sull'orlo della Cornice, fuori dalla fiamma, e cantava 'Beati i puri di cuore!', con una voce assai più intensa della nostra.
e cantava ‘Beati mundo corde!’.
in voce assai più che la nostra viva.

Poscia «Più non si va, se pria non morde, Poi, appena ci fummo avvicinati, disse: «O anime sante, non si procede più in alto se prima il fuoco non vi brucia: entrate in esso e prestate attenzione al canto che udrete dall'altra parte»;
anime sante, il foco: intrate in esso,
e al cantar di là non siate sorde»,

ci disse come noi li fummo presso; allora, quando lo sentii, divenni tale quale colui che è messo nella fossa (raggelai dal terrore).
per ch’io divenni tal, quando lo ‘ntesi,
qual è colui che ne la fossa è messo.

In su le man commesse mi protesi, Protesi le mani giunte in avanti, guardando il fuoco e pensando con terrore a corpi umani che vidi già bruciati.
guardando il foco e imaginando forte
umani corpi già veduti accesi.

Volsersi verso me le buone scorte; Le buone guide si volsero a me e Virgilio mi disse: «Figlio mio, qui ci possono essere tormenti, ma non la morte.
e Virgilio mi disse: «Figliuol mio,
qui può esser tormento, ma non morte.

Ricorditi, ricorditi! E se io Ricordati, ricordati! E se io ti guidai salvo sulla groppa di Gerione, che cosa farò ora che sono più vicino a Dio?
sovresso Gerion ti guidai salvo,
che farò ora presso più a Dio?

Credi per certo che se dentro a l’alvo Non dubitare che, se anche tu stessi entro queste fiamme per mille anni, non ti potrebbero far cadere neppure un capello.
di questa fiamma stessi ben mille anni,
non ti potrebbe far d’un capel calvo.

E se tu forse credi ch’io t’inganni, E se tu forse credi che io voglia ingannarti, avvicinati al fuoco e accertatene avvicinando ad esso un lembo della tua veste.
fatti ver lei, e fatti far credenza
con le tue mani al lembo d’i tuoi panni.

Pon giù omai, pon giù ogni temenza; Coraggio, deponi ogni timore; voltati da questa parte e vieni, entra sicuro nel fuoco!» E io stavo fermo, sordo a ogni richiamo.
volgiti in qua e vieni: entra sicuro!».
E io pur fermo e contra coscienza.

Quando mi vide star pur fermo e duro, Quando vide che non mi persuadevo a nessun costo, un po' turbato mi disse: «Ora rifletti, figlio: questo muro ti divide da Beatrice»
turbato un poco disse: «Or vedi, figlio:
tra Beatrice e te è questo muro»

Come al nome di Tisbe aperse il ciglio Come Piramo, al nome di Tisbe, aprì gli occhi in punto di morte e la guardò, quando il gelso diventò poi rosso, così, dopo che la mia durezza fu alleviata, mi voltai verso il saggio maestro, udendo il nome che è sempre presente nella mia mente.
Piramo in su la morte, e riguardolla,
allor che ‘l gelso diventò vermiglio;

così, la mia durezza fatta solla,
mi volsi al savio duca, udendo il nome
che ne la mente sempre mi rampolla.

Ond’ei crollò la fronte e disse: «Come! Allora lui scrollò il capo e disse: «Come! Vogliamo starcene di qua?»; quindi sorrise, come si fa con un bambino vinto dalla promessa di un frutto.
volenci star di qua?»; indi sorrise
come al fanciul si fa ch’è vinto al pome.

Poi dentro al foco innanzi mi si mise, Poi si mise dentro il fuoco, pregando Stazio di seguirmi, mentre prima per un lungo tratto si era frapposto a noi.
pregando Stazio che venisse retro,
che pria per lunga strada ci divise.

Sì com’fui dentro, in un bogliente vetro Non appena fui dentro, mi sarei buttato in un vetro incandescente per rinfrescarmi, tanto il calore lì era senza paragone.
gittato mi sarei per rinfrescarmi,
tant’era ivi lo ‘ncendio sanza metro.

Lo dolce padre mio, per confortarmi, Il mio dolce padre, per confortarmi, andava parlando sempre di Beatrice, dicendo: «Mi sembra già di vedere i suoi occhi».
pur di Beatrice ragionando andava,
dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi».

Guidavaci una voce che cantava Ci guidava una voce che cantava dall'altra parte; e noi, sempre attenti ad essa, uscimmo dalle fiamme là dove si saliva (all'Eden)
di là; e noi, attenti pur a lei,
venimmo fuor là ove si montava.

[...]

[Purgatorio XXVII, 1-57]


L'attraversamento è una prova dolorosissima, ci dice Dante, se è vero che persino l'idea di gettarsi in una vasca di vetro bollente appare come rinfrescante rispetto al tormento del calore provato. Tuttavia le fiamme non consumano i tessuti del corpo, né le vesti. Soprendentemente, uscito dal muro di fuoco, Dante non si sofferma nemmeno per un secondo a commentare la prova appena superata: è come se il terribile dolore provato sia stato immediatamente dimenticato. In effetti, prima di attraversare il muro di fuoco Virgilio aveva avvertito il pellegrino d'oltretomba che questa specifica fiamma non avrebbe consumato le sue vesti e non avrebbe lacerato le sue carni, senza tuttavia specificare il motivo per cui questo sarebbe avvenuto.


Penso che il motivo sia l'avvenuta liberazione dai tormenti interiori causati dal peccato, cioè dai traumi: nella Commedia Dante conduce il lettore lungo un percorso iniziatico, che gli consente di rivivere i propri traumi attraverso i racconti dei dannati e dei peccatori. Il senso di simpatia e compassione porta ad identificarsi con quei disgraziati, a rivedere nelle loro esperienze gli stessi drammi che noi stessi abbiamo vissuto, esattamente come avviene durante la lettura dei Vangeli. A circa due terzi del poema, il grosso del peso è stato deposto e si è pronti per affrontare la prova del fuoco.



La Grande Conflagrazione è quasi certamente un fenomeno di origine solare. Ha anche una precisa corrispondenza con un dettaglio della Passione di Cristo: la fuoriuscita di Sangue ed Acqua dal costato di Cristo, quando viene colpito dalla lancia di Longino. Ricordiamo che secondo la tradizione, il fluido sacro venne raccolto nella coppa nota come Santo Graal. Nella trasposizione astronomica della Passione (di cui non ho ancora avuto il coraggio di parlare), il crocifisso celeste, cioè il Sole, emette parte del proprio "fluido vitale" (materia della corona e del mantello stellare) nello spazio circostante, durante un potentissimo "brillamento". Il fluido raggiunge la coppa celeste, cioè la Terra, co-creatrice "passiva" della vita, insieme al Sole, co-creatore "attivo". Quel fluido vitale solare, costituita da materia e radiazione, raggiunge il pianeta scatenando la Grande Conflagrazione.


Penso che questo catastrofico evento sia il nocciolo del decimo segreto di Medjugorje, quello che lasciò "sconvolta" la veggente Mirjana Soldo, dopo che ne ebbe rivelazione da parte della Vergine. Sicuramente, una simile eventualità porterebbe "gravissime" (eufemisticamente parlando) conseguenze: l'evaporazione dei mari, l'incenerimento di tutte le piante e la morte degli animali ... in breve, porterebbe all'annientamento della vita sulla Terra per come la conosciamo. Ma è proprio qui il punto: per come la conosciamo! Gesù ha sempre parlato chiaro: "niente attaccamenti"! Le Scritture, le profezie cristiane, i messaggi Mariani, parlano tutti di un incantevole Giardino, in cui noi stessi siamo immersi, che non riusciamo a vedere perché limitati dalla percezione della realtà 3+1-dimensionale. Il fuoco sembra essere l'elemento battesimale, la prova purificatrice in grado di elevarci definitivamente alla forma in cui saremo in grado di percepire il Giardino e tutte le sue meraviglie.


Poter affrontare la prova avendo sensibilmente alleggerito il proprio carico psicologico ed esistenziale, è essenziale per poter attraversare il fuoco della Conflagrazione, esattamente come Dante ha attraversato il muro di fuoco del Purgatorio. Questo fuoco diventa invece motivo di terribile tormento per chi non ha lavorato, per chi non ha cercato di risolvere i propri traumi, ma anzi li ha trasformati in vincoli e barriere della propria personalità, divenuta ormai dominante rispetto all'io. Ecco allora che queste stesse fiamme, tanto leggere per l'animo puro, diventano le "fiamme della Geenna", dove il tempo rallenta fino a fermarsi, trasformando il supplizio in una punizione "eterna". Sorprendentemente, le riveleazioni escatologiche portano a concludere che non esistono "premi" per alcuni e "punizioni" per altri: esistono soltanto eventi che hanno effetti profondamente diversi per persone simili soltanto in apparenza.


Simili soltanto in apparenza erano anche i due "ladroni", che accompagnarono il Signore verso la morte. Uno, di indole malvagia, lo schernì; l'altro, di indole migliore, lo difese. Nella trasposizione astronomica, i due "ladroni" di luce sono i pianeti, che percorrono l'eclittica (uno dei bracci della croce) insieme al Sole. Uno è Marte, dio della guerra; l'altro è Venere, dea dell'amore. Nel caso di un potentissimo brillamento solare, quello che subirebbe le maggiori conseguenze sarebbe inevitabilmente il secondo, più vicino al Sole. Ebbene, le ultime parole che Gesù rivolge al malfattore testimonianzano che il fuoco della Conflagrazione non porta morte, ma vita eterna: ve le ricordate?


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