A tutti un caloroso augurio di Buon Natale!
Di norma, ci auguriamo tutti che il Nuovo Anno sia più semplice e sereno dei precedenti, ma in fin dei conti i problemi che dobbiamo affrontare indicano che stiamo facendo un percorso di crescita, dal quale usciremo più forti e consapevoli. A tutti l'augurio di poter ottenere dal Padre la Forza per affrontare le prove che dovremo sostenere e la Gioia nel cuore necessaria per riuscire a vedere il bello in tutto ciò che ci circonda!
Arcana Ricordo
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A differenza di quanto accade nei blog di news in tempo reale, dove il rapido invecchiamento delle notizie fa sì che l'argomento del giorno sia destinato ad essere ben presto archiviato, qui ci muoviamo in maniera differente: i post trattano "argomenti" su cui è possibile riflettere e di cui è possibile discutere: per questo motivo non è raro che un post venga aggiornato, o venga integrato attraverso i commenti degli autori o dei visitatori. L'obiettivo è arrivare alla costruzione di un quadro generale sempre più accurato e sempre più preciso. Un grazie a chi vorrà partecipare con commenti ed osservazioni.
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giovedì 23 dicembre 2021
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martedì 7 dicembre 2021
I Confini dell'Esistenza
Mi rendo conto che non sono ancora riuscito a mostrare ai lettori una visione d'insieme riguardo ai temi che trattiamo qui. Quando si inizia a decifrare la simbologia astronomica presente nei Vangeli, ci si accorge che l'immagine che si ottiene è caratterizzata da una straordinaria coerenza: ogni simbolo è legato agli altri e tutti insieme permettono di mappare sulla volta celeste non soltanto la vita di Gesù, ma il nostro stesso percorso esistenziale.
Gesù non è soltanto una figura storica di straordinaria portata: il personaggio raccontato nei Vangeli rappresenta anche la scintilla divina presente in ciascuno di noi. Egli è l'anelito vitale, la voce interiore che ci guida per il giusto cammino, il senso stesso della vita; ma è anche lo Spirito di quella "generazione" umana, nata ai tempi del diluvio, che da allora ha intrapreso un percorso evolutivo che l'ha portata all'attuale stato di sviluppo.
Arcana Ricordo
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Tutti sappiamo che l'esistenza terrena è finita: inizia il giorno in cui nasciamo e termina il giorno della nostra morte. Un giorno qualcuno mi ha fatto osservare come Gesù sia l'uomo che riesce a travalicare i confini dell'esistenza umana: nasce dal grembo di una madre vergine e, una volta morto, lascia un sepolcro vuoto. Gesù non ha un padre biologico: il dogma dell'Immacolata Concezione, che domani festeggeremo, ci insegna che Maria era vergine al momento del concepimento e tale è rimasta dopo il parto. Dalle parole che l'Angelo rivolge a Maria "tu concepirai un figlio" [ Lc. 1, 31 ], sappiamo che la Madonna è in effetti la Madre del Redentore, non una semplice "prestatrice di utero" per un embrione già fecondato altrove. Tuttavia, l'agente fecondante che consente la genesi del Bambino proviene da una dimensione non terrena, atemporale, propria dello Spirito: la stessa dimensione a cui il suo corpo martoriato farà ritorno, dopo essere stato deposto dalla croce e chiuso nel Sepolcro.
Leonardo da Vinci - Annunciazione (cliccare per ingrandire) |
Le religioni ci insegnano che in realtà anche noi possiamo trascendere i confini dell'esistenza terrena. Una parte di noi appartiene infatti alla dimensione atemporale: esisteva prima della nostra nascita e continuerà ad esistere dopo la dissoluzione del corpo fisico. Questa affermazione è vera sia per il singolo individuo, sia per il collettivo umano: quell'organismo a cui tutti apparteniamo, fatto di "civiltà umane" in continua evoluzione. Il nome che Gesù attribuisce ai collettivi umani vissuti in ogni tempo è generazioni: insiemi di anime che si trovano a determinati livelli evolutivi e che condividono determinate esperienze in particolari epoche storiche. La simbologia astronomica presente nei Vangeli ci porta a identificare il tempo di vita di ciascuna generazione con un periodo avente la durata di un emiciclo precessionale: all'incirca 13.000 anni. Anche le generazioni hanno una esistenza confinata tra due eventi: uno creativo e l'altro distruttivo e come gli individui, anch'esse possono lasciare traccia del loro passaggio in quelli che i teosofi chiamano "registri Akashici": le memorie collettive in cui si raccoglie l'esperienza.
Il corpo umano prendere forma all'interno del grembo materno, in un ambiente acquatico; dopo la morte, il corpo perde i liquidi, quindi si decompone e diventa cenere, attraverso un processo di combustione chimica. L'acqua è pertanto l'elemento della nascita, mentre il fuoco è l'elemento della morte. Qui si innesterebbero una serie di discorsi interessanti: non abbiamo tempo per digressioni che ci porterebbero molto fuori strada, ma non posso non osservare che la Fenice è l'uccello mitologico che pone fine alla propria esistenza nel fuoco e che dalle ceneri riesce a rinascere. Anche Gesù nel sepolcro subisce un processo assimilabile alla combustione: i segni sulla Sindone sembrano rivelare come il suo corpo si sia trasmutato, dando origine ad una potentissima radiazione, che ha impresso il telo come se fosse un negativo fotografico.
Gesù è quindi l'essere capace di travalicare la barriera del fuoco, utilizzando questo elemento per poter tornare alla vita. Constatando la capacità di Gesù di rinascere, è abbastanza naturale chiedersi se questa rinascita sia avvenuta una volta sola, o se si tratti di un processo ciclico, in cui ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio. E a questo proposito trovo estremamente significativo un episodio raccontato da un testo apocrifo, il Protovangelo di Giacomo, che riguarda Salomè: l'ostetrica che assistette Maria durante il parto, ma che non riuscì a credere alla Sua verginità.
Entrò l'ostetrica e disse a Maria: "Mettiti bene. Attorno a te, c'è, infatti, un non lieve contrasto". Salome mise il suo dito nella natura di lei, e mandò un grido, dicendo: "Guai alla mia iniquità e alla mia incredulità, perché ho tentato il Dio vivo ed ecco che ora la mia mano si stacca da me, bruciata".
[Protovangelo di Giacomo, 20, 1]
La combustione della mano dell'ostetrica porta a sospettare che l'ambiente pre-natale di Gesù, il grembo di Maria, non fosse caratterizzato dalla presenza di acqua, ma di fuoco, avallando l'idea che il piccolo non si stesse sviluppando per la prima volta, ma anche allora stesse rinascendo come una fenice. A tal proposito occorre specificare che il fuoco non è soltanto l'elemento della rinascita, ma anche e soprattutto lo strumento della più sublime forma purificazione. Lo stesso Giovanni Battista, ovvero colui che per primo iniziò ad usare l'acqua per purificare i peccatori istituendo il Sacramento del Battesimo, insegna che il battesimo con acqua non permette ancora di raggiungere l'assoluta purezza dell'essere: per quella è necessario il fuoco.
Io vi battezzo con acqua,
in vista del ravvedimento;
ma colui che viene dopo di me è più forte di me,
e io non sono degno di portargli i calzari;
egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco.
in vista del ravvedimento;
ma colui che viene dopo di me è più forte di me,
e io non sono degno di portargli i calzari;
egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco.
Anche l'attuale generazione umana nacque dall'acqua: lo sconvolgimento globale che diede inizio all'emiciclo precessionale corrente coincide con ogni probabilità il "diluvio universale". La maggior parte dei più antichi reperti archeologici in tutto il pianeta lascia supporre che un evento globale sconvolse l'assetto planetario in una epoca compresa tra il 12.000 ed il 10.000 A.C. La simbologia astronomica consente di collocare temporalmente questo evento al termine dell'Era della Vergine e all'inizio dell'Era del Leone, avvenuta attorno all'anno 10.960 A.C.. I dialoghi platonici, come il Timeo, raccontano di interi continenti che si inabissarono distruggendo le civiltà che li popolavano. La Bibbia riferisce di piogge estesissime che finirono per ricoprire d'acqua l'intero globo terrestre. E proprio come per l'essere umano, le Scritture prevedono per la generazione una fine nel fuoco: Sant'Agostino parla di una "Grande Conflagrazione" (di cui abbiamo parlato qui) che deve avvenire alla fine dei tempi, dando origine ad un nuovo sconvolgimento dell'assetto planetario.
L'esperienza diretta ci porta a temere il fuoco, per le sue proprietà distruttive. Gesù invece insegna a non temere il fuoco, ma anzi ad utilizzarlo per la propria purificazione e rinascita. E non è l'unico: lo stesso Dante, in viaggio attraverso i Regni dell'oltretomba, racconta di aver attraversato un incredibile incendio e di esserne uscito illeso. Arrivato quasi in cima alla montagna del Purgatorio in compagnia di Virgilio e di Stazio, il Poeta racconta di aver trovato un terribile muro di fuoco a sbarrare il cammino che conduce al giardino dell'Eden, che si trova sulla sommità del monte. Il fuoco è chiaramente una prova tremenda per il Poeta: dopo un cammino tanto travagliato e doloroso, quanto lo è la risoluzione dei propri traumi interiori, Dante appare atterrito all'idea di gettarsi tra le fiamme. Il terrore è tale da renderlo insensibile ad ogni richiamo della sua guida, Virgilio. Riesce a smuoverlo soltanto il nome di Beatrice, che - gli viene detto - si trova proprio al di là delle fiamme.
Testo | Parafrasi |
---|---|
Sì come quando i primi raggi vibra | Il sole era in quella posizione in cui si trova quando vibra i suoi primi raggi là dove il suo Creatore fu ucciso (Gerusalemme), mentre l'Ebro (Cadice) è sotto la costellazione della Bilancia, e le onde del Gange sono arse dal mezzogiorno; per cui il giorno stava finendo, quando ci apparve lieto l'angelo di Dio. |
là dove il suo fattor lo sangue sparse, | |
cadendo Ibero sotto l’alta Libra, | |
e l’onde in Gange da nona riarse, | |
sì stava il sole; onde ‘l giorno sen giva, | |
come l’angel di Dio lieto ci apparse. | |
Fuor de la fiamma stava in su la riva, | Stava sull'orlo della Cornice, fuori dalla fiamma, e cantava 'Beati i puri di cuore!', con una voce assai più intensa della nostra. |
e cantava ‘Beati mundo corde!’. | |
in voce assai più che la nostra viva. | |
Poscia «Più non si va, se pria non morde, | Poi, appena ci fummo avvicinati, disse: «O anime sante, non si procede più in alto se prima il fuoco non vi brucia: entrate in esso e prestate attenzione al canto che udrete dall'altra parte»; |
anime sante, il foco: intrate in esso, | |
e al cantar di là non siate sorde», | |
ci disse come noi li fummo presso; | allora, quando lo sentii, divenni tale quale colui che è messo nella fossa (raggelai dal terrore). |
per ch’io divenni tal, quando lo ‘ntesi, | |
qual è colui che ne la fossa è messo. | |
In su le man commesse mi protesi, | Protesi le mani giunte in avanti, guardando il fuoco e pensando con terrore a corpi umani che vidi già bruciati. |
guardando il foco e imaginando forte | |
umani corpi già veduti accesi. | |
Volsersi verso me le buone scorte; | Le buone guide si volsero a me e Virgilio mi disse: «Figlio mio, qui ci possono essere tormenti, ma non la morte. |
e Virgilio mi disse: «Figliuol mio, | |
qui può esser tormento, ma non morte. | |
Ricorditi, ricorditi! E se io | Ricordati, ricordati! E se io ti guidai salvo sulla groppa di Gerione, che cosa farò ora che sono più vicino a Dio? |
sovresso Gerion ti guidai salvo, | |
che farò ora presso più a Dio? | |
Credi per certo che se dentro a l’alvo | Non dubitare che, se anche tu stessi entro queste fiamme per mille anni, non ti potrebbero far cadere neppure un capello. |
di questa fiamma stessi ben mille anni, | |
non ti potrebbe far d’un capel calvo. | |
E se tu forse credi ch’io t’inganni, | E se tu forse credi che io voglia ingannarti, avvicinati al fuoco e accertatene avvicinando ad esso un lembo della tua veste. |
fatti ver lei, e fatti far credenza | |
con le tue mani al lembo d’i tuoi panni. | |
Pon giù omai, pon giù ogni temenza; | Coraggio, deponi ogni timore; voltati da questa parte e vieni, entra sicuro nel fuoco!» E io stavo fermo, sordo a ogni richiamo. |
volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». | |
E io pur fermo e contra coscienza. | |
Quando mi vide star pur fermo e duro, | Quando vide che non mi persuadevo a nessun costo, un po' turbato mi disse: «Ora rifletti, figlio: questo muro ti divide da Beatrice» |
turbato un poco disse: «Or vedi, figlio: | |
tra Beatrice e te è questo muro» | |
Come al nome di Tisbe aperse il ciglio | Come Piramo, al nome di Tisbe, aprì gli occhi in punto di morte e la guardò, quando il gelso diventò poi rosso, così, dopo che la mia durezza fu alleviata, mi voltai verso il saggio maestro, udendo il nome che è sempre presente nella mia mente. |
Piramo in su la morte, e riguardolla, | |
allor che ‘l gelso diventò vermiglio; | |
così, la mia durezza fatta solla, | |
mi volsi al savio duca, udendo il nome | |
che ne la mente sempre mi rampolla. | |
Ond’ei crollò la fronte e disse: «Come! | Allora lui scrollò il capo e disse: «Come! Vogliamo starcene di qua?»; quindi sorrise, come si fa con un bambino vinto dalla promessa di un frutto. |
volenci star di qua?»; indi sorrise | |
come al fanciul si fa ch’è vinto al pome. | |
Poi dentro al foco innanzi mi si mise, | Poi si mise dentro il fuoco, pregando Stazio di seguirmi, mentre prima per un lungo tratto si era frapposto a noi. |
pregando Stazio che venisse retro, | |
che pria per lunga strada ci divise. | |
Sì com’fui dentro, in un bogliente vetro | Non appena fui dentro, mi sarei buttato in un vetro incandescente per rinfrescarmi, tanto il calore lì era senza paragone. |
gittato mi sarei per rinfrescarmi, | |
tant’era ivi lo ‘ncendio sanza metro. | |
Lo dolce padre mio, per confortarmi, | Il mio dolce padre, per confortarmi, andava parlando sempre di Beatrice, dicendo: «Mi sembra già di vedere i suoi occhi». |
pur di Beatrice ragionando andava, | |
dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi». | |
Guidavaci una voce che cantava | Ci guidava una voce che cantava dall'altra parte; e noi, sempre attenti ad essa, uscimmo dalle fiamme là dove si saliva (all'Eden) |
di là; e noi, attenti pur a lei, | |
venimmo fuor là ove si montava. | |
[...] |
[Purgatorio XXVII, 1-57]
(Parafrasi di divinacommedia.weebly.com)
L'attraversamento è una prova dolorosissima, ci dice Dante, se è vero che persino l'idea di gettarsi in una vasca di vetro bollente appare come rinfrescante rispetto al tormento del calore provato. Tuttavia le fiamme non consumano i tessuti del corpo, né le vesti. Soprendentemente, uscito dal muro di fuoco, Dante non si sofferma nemmeno per un secondo a commentare la prova appena superata: è come se il terribile dolore provato sia stato immediatamente dimenticato. In effetti, prima di attraversare il muro di fuoco Virgilio aveva avvertito il pellegrino d'oltretomba che questa specifica fiamma non avrebbe consumato le sue vesti e non avrebbe lacerato le sue carni, senza tuttavia specificare il motivo per cui questo sarebbe avvenuto.
Penso che il motivo sia l'avvenuta liberazione dai tormenti interiori causati dal peccato, cioè dai traumi: nella Commedia Dante conduce il lettore lungo un percorso iniziatico, che gli consente di rivivere i propri traumi attraverso i racconti dei dannati e dei peccatori. Il senso di simpatia e compassione porta ad identificarsi con quei disgraziati, a rivedere nelle loro esperienze gli stessi drammi che noi stessi abbiamo vissuto, esattamente come avviene durante la lettura dei Vangeli. A circa due terzi del poema, il grosso del peso è stato deposto e si è pronti per affrontare la prova del fuoco.
La Grande Conflagrazione è quasi certamente un fenomeno di origine solare. Ha anche una precisa corrispondenza con un dettaglio della Passione di Cristo: la fuoriuscita di Sangue ed Acqua dal costato di Cristo, quando viene colpito dalla lancia di Longino. Ricordiamo che secondo la tradizione, il fluido sacro venne raccolto nella coppa nota come Santo Graal. Nella trasposizione astronomica della Passione (di cui non ho ancora avuto il coraggio di parlare), il crocifisso celeste, cioè il Sole, emette parte del proprio "fluido vitale" (materia della corona e del mantello stellare) nello spazio circostante, durante un potentissimo "brillamento". Il fluido raggiunge la coppa celeste, cioè la Terra, co-creatrice "passiva" della vita, insieme al Sole, co-creatore "attivo". Quel fluido vitale solare, costituita da materia e radiazione, raggiunge il pianeta scatenando la Grande Conflagrazione.
Penso che questo catastrofico evento sia il nocciolo del decimo segreto di Medjugorje, quello che lasciò "sconvolta" la veggente Mirjana Soldo, dopo che ne ebbe rivelazione da parte della Vergine. Sicuramente, una simile eventualità porterebbe "gravissime" (eufemisticamente parlando) conseguenze: l'evaporazione dei mari, l'incenerimento di tutte le piante e la morte degli animali ... in breve, porterebbe all'annientamento della vita sulla Terra per come la conosciamo. Ma è proprio qui il punto: per come la conosciamo! Gesù ha sempre parlato chiaro: "niente attaccamenti"! Le Scritture, le profezie cristiane, i messaggi Mariani, parlano tutti di un incantevole Giardino, in cui noi stessi siamo immersi, che non riusciamo a vedere perché limitati dalla percezione della realtà 3+1-dimensionale. Il fuoco sembra essere l'elemento battesimale, la prova purificatrice in grado di elevarci definitivamente alla forma in cui saremo in grado di percepire il Giardino e tutte le sue meraviglie.
Poter affrontare la prova avendo sensibilmente alleggerito il proprio carico psicologico ed esistenziale, è essenziale per poter attraversare il fuoco della Conflagrazione, esattamente come Dante ha attraversato il muro di fuoco del Purgatorio. Questo fuoco diventa invece motivo di terribile tormento per chi non ha lavorato, per chi non ha cercato di risolvere i propri traumi, ma anzi li ha trasformati in vincoli e barriere della propria personalità, divenuta ormai dominante rispetto all'io. Ecco allora che queste stesse fiamme, tanto leggere per l'animo puro, diventano le "fiamme della Geenna", dove il tempo rallenta fino a fermarsi, trasformando il supplizio in una punizione "eterna". Sorprendentemente, le riveleazioni escatologiche portano a concludere che non esistono "premi" per alcuni e "punizioni" per altri: esistono soltanto eventi che hanno effetti profondamente diversi per persone simili soltanto in apparenza.
Simili soltanto in apparenza erano anche i due "ladroni", che accompagnarono il Signore verso la morte. Uno, di indole malvagia, lo schernì; l'altro, di indole migliore, lo difese. Nella trasposizione astronomica, i due "ladroni" di luce sono i pianeti, che percorrono l'eclittica (uno dei bracci della croce) insieme al Sole. Uno è Marte, dio della guerra; l'altro è Venere, dea dell'amore. Nel caso di un potentissimo brillamento solare, quello che subirebbe le maggiori conseguenze sarebbe inevitabilmente il secondo, più vicino al Sole. Ebbene, le ultime parole che Gesù rivolge al malfattore testimonianzano che il fuoco della Conflagrazione non porta morte, ma vita eterna: ve le ricordate?
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venerdì 5 novembre 2021
Centocinquantatré Pesci
Non l'ho mai detto esplicitamente, ma lo devo ammettere: detesto la numerologia. Mi sembra una accozzaglia di calcoli astrusi, ordinati secondo criteri arbitrari, per arrivare a risultati il cui valore è nella maggior parte dei casi del tutto soggettivo. Provo sempre un sottile disagio ogni volta che un numerologo basa le proprie deduzioni scegliendo, che so, il 12 anziché il 7: entrambi sono significativi ed entrambi hanno tanti di quei significati che almeno uno di essi si sposa perfettamente all'ambito di indagine. Perchè dunque scegliere uno al posto dell'altro?
La geometria è - a mio modestissimo avviso - molto più affidabile, meno capricciosa e meno interpretabile: una condizione di tangenza tra un cerchio ed una retta si ottiene una volta sola. La somma degli angoli interni di un triangolo è sempre 180 e un triangolo equilatero è sempre inscritto in un cerchio. E poi la geometria è fatta di immagini, che si prestano molto meglio ad essere tradotte in simboli, soprattutto in simboli grafici, visivi, che possono essere cercati e trovati anche sulla volta celeste.
Questa volta, tuttavia, vale la pena fare un piccolo excursus nella numerologia, per esporre i risultati delle analisi condotte da due lettori, che mi hanno voluto trasmettere alcune interessanti osservazioni. Il fatto che mi ha spinto a chiedere alle persone in questione il permesso di pubblicare il materiale che avevo ricevuto, è che curiosamente le email contenenti quel materiale sono arrivate tutte in un brevissimo arco di tempo. Gli autori - che ringrazio sentitamente - mi hanno gentilmente concesso il permesso di pubblicare, chiedendo unicamente di poter restare anonimi, pertanto mi riferirò a loro usando gli pseudonimi "Carmen" e "Nabucco".
Arcana Ricordo
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Tutto ha inizio dal "numero della Bestia", il seicentosessantasei, di cui in passato abbiamo parlato abbastanza diffusamente. Nel post abbiamo evidenziato come il numero rappresenti in un certo senso la misura del Sole: in particolare, esprime il rapporto tra l'angolo giro e l'ampiezza angolare del disco solare. I rapporti sono indipendenti dalle unità di misura, pertanto sono le grandezze più indicate per trasmettere la conoscenza attraverso i millenni. Questo rapporto esprime la dimensione apparente del Sole quando visto da Terra, ossia dal contesto più propriamente umano: è dunque un "numero d'uomo", come espressamente indicato dall'Apocalisse. Ne consegue che la relazione tra il Sole ed il 666 è particolarmente significativa.
La mia personale ipotesi è che il 666 non si riferisca al Sole come è ora, ma a come il Sole è destinato ad apparire nel periodo di crisi, vale a dire fortemente offuscato, quasi spento. Diverse volte abbbiamo toccato il tema dello "spegnimento" del Sole; abbiamo anche provato a formulare alcune ipotesi per spiegare questo incredibile fenomeno, anche se nessuna risulta abbastanza solida da spiegare anche gli altri fenomeni del tutto extra-ordinari a cui dovremmo assistere in tempi di Apocalisse. D'altra parte non è (ancora) il momento di addentrarci in questo tipo di argomenti, perché il tema di oggi è di carattere numerologico. Fermiamoci dunque alla correlazione tra il 666 ed il Sole. La nostra lettrice, Carmen, segnala un articolo comparso sul numero 3/1994 della rivista "Anastasis", che si intitola "666: la Bestia, l'Uomo". La rivista è liberamente scaricabile [ qui ].
L'articolo riporta il quadrato magico associato al Sole. A tal proposito, riportiamo la descrizione offerta dallo stesso articolo:
Un quadrato magico è invece una matrice quadrata, composta dai numeri naturali da uno ad un numero quadrato, ordinati in modo che la somma di tutti i numeri appartenenti ad una qualsiasi riga o colonna od ad una diagonale della matrice è sempre eguale allo stesso numero. E’ facile verificare che il più piccolo quadrato magico esistente ha tre righe e tre colonne [quadrato di "ordine 3" - n.d.a.]. I cabalisti associarono il quadrato di ordine 3 a Saturno, la stella mobile più distante dalla Terra. Aumentarono quindi progressivamente di una casella il lato del quadrato magico man mano che la stella mobile associata era nel sistema tolemaico più vicino alla Terra. Tali associazioni sono così schematizzabili:
Nella successione delle stelle mobili del sistema tolemaico il Sole occupa il posto centrale, essendo più vicino alla Terra di Saturno, di Giove e di Marte ed essendo più distante di Venere, di Mercurio e della Luna, e diffondendo la luce ed il calore (e quindi metaforicamente il Bene) nell’intero universo. Per i cabalisti il Sole era la stella più importante, tanto da associargli l’angelo tradizionalmente più forte, il cui nome significa “chi come Dio”. Il quadrato magico associato al Sole è:
Il numero 666 è la somma di tutti i numeri del quadrato magico associato al Sole, la stella mobile più importante e centrale del sistema tolemaico.
Cito ora la email di Carmen.
Se sommiamo i numeri che costituiscono lo “schema” del quadrato magico, ovvero:
- il 6: numero delle caselle di ogni riga, colonna, diagonale,
- il 36: numero di tutte le caselle
- il 111: somma dei numeri appartenenti ad una stessa riga, colonna o diagonale
otteniamo il numero 153!
Il Numero Centocinquantatre
Il numero centocinquantatre - afferma Carmen - è dunque la somma di tre dei quattro numeri caratterizzanti del quadrato magico relativo al Sole; il quarto numero caratterizzante, il 666, è escluso dalla somma. I due numeri, 153 e 666, sembrano dunque rappresentare aspetti antitetici del quadrato solare: è come se il primo "si opponesse" in un certo senso al secondo. Nei Vangeli, il 153 viene citato nel passo della "pesca miracolosa", che avviene in un tempo successivo alla resurrezione di Gesù:
Quando già era mattina, Gesù si presentò sulla riva;
i discepoli però non sapevano che era Gesù.
Allora Gesù disse loro: «Figlioli, avete del pesce?»
Gli risposero: «No». Ed egli disse loro:
«Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete».
Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su
per il gran numero di pesci.
Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!»
Simon Pietro, udito che era il Signore,
si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare.
Ma gli altri discepoli vennero con la barca,
perché non erano molto distanti da terra (circa duecento cubiti),
trascinando la rete con i pesci.
Appena scesero a terra, videro là della brace
e del pesce messovi su, e del pane.
Gesù disse loro: «Portate qua dei pesci che avete preso ora».
Simon Pietro allora salì sulla barca e tirò a terra la rete
piena di centocinquantatré grossi pesci;
e benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò.
Gesù disse loro: «Venite a fare colazione».
E nessuno dei discepoli osava chiedergli: «Chi sei?»
Sapendo che era il Signore.
Il numero 153 è anche oggetto della mail di Nabucco:
Su questo numero hanno studiato vari santi tra cui San Cirillo, San Girolamo, ma in particolare Sant’Agostino, che nel commento n.122 al Vangelo di Giovanni spiega che tale numero si ottiene sommando i primi 17 numeri (1+2+3+…+17). Due modi di rappresentare questo numero (153), sono i seguenti:
- 12^2 + 3^2 (somma di due quadrati, 12 e 3)
- 17 x 9 (fattori primi)
Nabucco fa osservare che il numero 153 è anche connesso alle apparizioni mariane di Fatima:
Il lasso temporale tra la prima e l’ultima apparizione di Fatima (13 maggio 1917 – 13 ottobre 1917) è di 153 giorni!
Entrambi i lettori colgono appieno l'importanza del numero e formulano ipotesi sul suo sugnificato ultimo. Entrambi concordano sull'ipotesi che esso rappresenti un tempo, ma le due ipotesi differiscono sia per l'unità di misura, sia per il periodo che esso rappresenta.
Per Carmen il numero 153 è in qualche modo correlato al "Regno dei 1.000 anni", che dovrebbe avere inizio al termine del periodo apocalittico. Condivido questa idea, sia per il fatto che il numero compare in un episodio evangelico successivo alla Resurrezione, sia perché questo episodio è particolarmente significativo anche rispetto ad un tema che dobbiamo ancora affrontare: quello dell'inversione precessionale: al momento opportuno spiegheremo perché. Resta da individuare una opportuna unità di misura che consenta di dare un senso a quel numero: anni? Gradi angolari?
Per Nabucco, 153 è il numero di mesi che separa l'evento astronomico del 23 Settembre 2017 dal primo giorno dell'Apocalisse, che dovrebbe quindi verificarsi il 18 Aprile del 2030. Personalmente non condivido questa conclusione, sia perché - come ho già spiegato - non ritengo l'allineamento astronomico del 23 Settembre 2017 particolarmente significativo, sia perché i Testi Sacri mettono in guardia rispetto ad ogni tentativo di calcolo della data del Giorno del Giudizio:
Ma quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno li sa,
neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio,
ma il Padre solo.
neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio,
ma il Padre solo.
Per ora ci accontentiamo di aver capito l'importanza del numero 153 e anche se non abbiamo colto fino in fondo il suo significato, lo teniamo da parte, pronto all'uso per la prima occasione utile. In effetti non sono mancate alcune ipotesi, per la verità non definitive e non conclusive, che tuttavia assumono un senso soltanto dopo aver affrontato il tema dell'inversione precessionale. Dovremo pazientare ancora un po' per ottenere finalmente un post su questo argomento tanto delicato, ma arriverà. Ogni cosa a suo tempo.
lunedì 20 settembre 2021
Comunicazione di Servizio
Ho abilitato nuovamente i commenti anonimi per tutti. Ora è possibile commentare anche senza autenticarsi con Google. Non esiste moderazione: i contenuti saranno visibili immediatamente; tuttavia i contenuti offensivi o inappropriati potrebbero essere eliminati a mia discrezione in qualunque momento. Grazie,
Arcana Ricordo
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domenica 29 agosto 2021
Ti stai sbagliando, Samael!
Questo post è reso necessario dal recente appello di Papa Francesco a ricorrere al vaccino anti-covid, apparso in un video youtube in lingua spagnola. Il messaggio ha scatenato molte polemiche ed è stato utilizzato come pretesto per la costituzione di schieramenti opposti, che si sono espressi in favore o contro i contenuti del messaggio.
Personalmente, in questi casi cerco sempre di trovare un riferimento diretto, un riscontro all'interno dei Vangeli: cosa avrebbe fatto Gesù? Che avrebbe detto? Quali consigli avrebbe offerto? Ovviamente, i vaccini non sono menzionati nei Vangeli, ma credo che i testi antichi contengano indicazioni che ognuno di noi può utilizzare per dirimere la questione, anche se non risolutive. Provo ad esprimere il mio punto di vista, come sempre senza presunzione di verità.
Arcana Ricordo
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Nella letteratura gnostica, Yaldabaoth è una emanazione, spesso raffigurata come un mostro con testa leonina, che presenta tratti in comune sia con il Demiurgo, il "Grande Architetto dell'Universo", sia con Lucifero, l'angelo ribelle caduto da Paradiso e scaraventato sulla Terra, in cui i Cattolici riconoscono il diavolo. Gli gnostici lo identificano come il cieco capo degli "Arconti", cioè i governatori dell'universo materiale. Nella loro visione, lo spazio ed il tempo sono dimensioni racchiuse in una sorta di "bolla": una "regione" delimitata da diversi "strati" concentrici, molto simili ai "sette veli di Maya" della tradizione Indù.
Yaldabaoth: rappresentazione artistica |
Yaldabaoth ed i suoi Arconti esistono e possono esistere soltanto all'interno della bolla: la loro ignoranza e la loro arroganza li porta a negare l'esistenza di altro al di fuori di essa. Gli gnostici sanno invece che la maggior parte dell'universo, o se preferite del "multiverso", si trova proprio oltre i confini della bolla. Tratto fondamentale della loro cosmologia è che al di fuori della bolla si trova la sorgente della Vera Luce dello Spirito: gli strati che compongono la bolla impediscono alla maggior parte della luce di penetrare all'interno di essa.
In effetti, la bolla non è completamente immersa nell'oscurità: flebili raggi di luce provenienti dai mondi dello spirito riescono a filtrare attraverso i numerosi veli che la ricoprono e a disegnare sulla sua superficie interna esili figure luminescenti. Gli Arconti non comprendono che la Luce proviene da un altro universo e ritengono che tali figure, bellissime, siano una manifestazione della propria limitata realtà. Nel libro "Ipostasi degli Arconti" (liberamente scaricabile in italiano cliccando sul riquadro sulla destra, o da questo link), Yaldabaoth proclama il proprio potere con tutta la forza che ha in corpo, ma in quel momento una voce dalle sfere dello Spirito lo avverte dell'errore, chiamandolo "Samael", il nome dell'Angelo caduto della tradizione ebraica:
“Sono io che sono Dio; non c’è nulla al di fuori di me”.
Dicendo questo, egli commise peccato contro l’Unitarietà.
E le sue parole raggiunsero l’Incorruttibilità; quindi
ci fu una voce che venne dall’Incorruttibilità
dicendo: “Ti stai sbagliando, Samael!”
- che significa, “dio dei ciechi” -
Dicendo questo, egli commise peccato contro l’Unitarietà.
E le sue parole raggiunsero l’Incorruttibilità; quindi
ci fu una voce che venne dall’Incorruttibilità
dicendo: “Ti stai sbagliando, Samael!”
- che significa, “dio dei ciechi” -
[Ipostasi degli Arconti]
La bellezza della mitologia gnostica rappresenta in modo esemplare l'essenza dell'esistenza umana: gli Arconti sono i Signori della materia, che goveranano le Leggi fisiche ed attraverso quelle limitano la nostra azione. Attraverso una opportuna interpretazione della nostra esperienza quotidiana, gli Arconti cercano di mantenere lo status quo, assicurando la sopravvivenza dell'universo che hanno creato ed in cui siamo immersi. Uno degli strumenti che usano è ad esempio la legge di causa-effetto: "all'interno del nostro universo" - dicono gli Arconti - "ogni azione ha delle conseguenze desiderabili o indesiderabili sull'ambiente e sui suoi abitanti; la responsabilità di ogni azione ricade su chi l'ha commessa!".
I termini in corsivo sono propri del linguaggio degli Arconti. La loro visione della vita è meccanicistica: le quattro forze nauturali (gravitazione, elettromagnetismo, nucleare forte e nucleare debole), orientate dal caos hanno generato l'universo come lo vediamo. La conformazione degli esseri viventi dipende unicamente da meccanismi evolutivi determinati dalla maggiore o minore adattabilità all'ambiente. La biologia e l'esperienza definiscono interamente il corso vitale di una persona. La creatività, l'arte, la musica, le scoperte e le invenzioni sono frutto di reazioni biochimiche più o meno casuali che si generano nella mente dell'individuo. Lo stato di salute dipende ovviamente principalmente da "fattori ambientali", oltre che da "abitudini" più o meno sane.
In questa miserrima concezione della vita, i meccanicisti perseverano nell'arrogarsi la paternità degli arabeschi di luce disegnati sulla superficie della bolla, che nella simbologia del mito rappresentano l'azione dell'intelligenza creatrice nel nostro universo. Gli gnostici sottolineano in effetti come gli Arconti si innamorino perdutamente di quelle figure splendenti, proprio come i nostri simili si appassionano alla musica, alla pittura e a tutti i meravigliosi frutti della creatività. Ma quando si tratta di ammettere che tali meraviglie non possono essere state generate da "processi caotici", gli Arconti e i loro adepti si ritirano in posizioni fideistiche ripetendo, con parole diverse, la dichiarazione di Yaldabaoth: "Lo dice la scienza!".
Nella mitologia gnostica, Gesù penetra all'interno degli "eoni inferiori", con l'obiettivo di ricongiungere l'universo materiale alle dimensioni dello spirito. Anche nei testi canonici Gesù assolve a questo medesimo compito, agendo moltissime volte in aperta violazione del principio di causa-effetto. Innumerevoli sono gli episodi in cui guarisce coloro hanno contratto pericolosissime malattie, anche infettive, spezzando sia il loro decorso fisiologico, sia la catena dei contagi. Questi episodi non si riferiscono (soltanto) a fatti storici avvenuti in epoca romana, ma contengono un insegnamento assolutamente attuale per il lettore: ritrovare Gesù, ossia ripristinare la connessione con la propria parte spirituale, permette di guarire dalle malattie e di evitare di contrarre quelle esistenti. Non a caso, Gesù non si ammala mai.
Il processo di guarigione ovviamente non è semplice: la malattia nasce infatti da un disequilibrio interiore, una disarmonia, normalmente scatenata da una paura. E' facile per ciascuno di noi ammettere di nutrire una certa paura verso le malattie; molto più difficile ammettere di nutrire una paura - spesso incredibilmente profonda - verso la vita e le sfide che essa pone! Domando quindi: è più semplice ammalarsi e lasciare che altri si prendano cura di noi, o armarsi giorno per giorno di tutto il coraggio necessario a vivere la nostra vita, sottometterci alle prove che essa presenta, superare i traumi che inevitabilmente queste scatenano? Non vorrei che il discorso apparisse semplicistico, sicuramente andrebbe approfondito, ma è mia assoluta convinzione che la malattia sia sempre, sempre, sempre profondamente desiderata, in maniera consapevole, o più spesso in maniera inconsapevole.
Voi bramate e non avete;
voi uccidete e invidiate e non potete ottenere;
voi litigate e fate la guerra;
non avete, perché non domandate;
domandate e non ricevete, perché domandate male
per spendere nei vostri piaceri.
voi uccidete e invidiate e non potete ottenere;
voi litigate e fate la guerra;
non avete, perché non domandate;
domandate e non ricevete, perché domandate male
per spendere nei vostri piaceri.
Quel "domandate male" si riferisce proprio ai desideri autodistruttivi che albergano nelle "zone oscure" della nostra coscienza: quelle che C. G. Jung chiamava "inconscio" e che Igor Sibaldi in tutti i suoi libri insegna a riscoprire e ad illuminare. Secondo il Sibaldi, le "zone oscure" erano un tempo zone perfettamente accessibili alla nostra coscienza, ben illuminate ed arieggiate, che contenevano infinite possibilità di esistenza. In un certo periodo della vita, tuttavia, l'attraversamento di una di quelle possibilità di esistenza ci ha portato ad attraversare una esperienza dolorosa, che ha scatenato un trauma. Il trauma ha lasciato un segno profondo nella psiche, la quale, per proteggersi dal dolore, ha mascherato l'esperienza dietro una solida barriera di idee e convinzioni, che abbiamo ritenuto utili a proteggerci dal rivivere l'esperienza dolorosa.
A volte, la protezione è utile: ad esempio quando si concretizza in una ragionevole paura del fuoco, che ci impedisce di tenere il dito sulla fiamma di una candela. Altre volte, la protezione è talmente profonda e radicata da cancellare l'esperienza dolorosa persino dalla memoria: gli psicologi chiamano questo processo "rimozione" (chi non ha idea di come funzioni può guardare la serie televisiva Mr. Robot!). Ma anche senza arrivare a questi livelli estremi, la barriera psicologica che erigiamo all'ingresso dell'area (che diventa così) oscura ci porta a limitare enormemente le nostre possibilità di scelta: vengono infatti eliminate tutte le opzioni che ci potrebbero portare a fronteggiare nuovamente il dolore che ha scatenato il trauma.
Ma quelle "zone oscure" sono parte di noi stessi e lo Spirito Intelligente non può accettare una nostra scelta in favore di una esistenza con una porzione di coscienza oscurata. Conseguentemente, lo Spirito ci indirizza verso le esperienze che ci obbligano a rivivere l'esperienza dolorosa che ha generato il trauma: unico sistema per riuscire a risolverlo una volta per tutte:
Lo vediamo dal mito di Pelops, il bimbo smembrato, bollito e imbandito da suo padre Tantalo. Gli Dei, per resuscitarlo, organizzarono una replica del momento della morte, fecero bollire ancora il suo cadavere, sussurrandogli: «Rivivi, rivivi lo strazio che hai subito!» fino a che il bimbo si riformò e tornò in vita, gridando ancora d’orrore.
A volte, per illuminare una zona d'ombra è necessario smontare la gigantesca impalcatura di convinzioni, falsi valori, credenze che abbiamo costruito davanti all'ingresso di quella zona. Purtroppo è proprio su quelle impalcature molti di noi fondano i principi della propria esistenza: in questi casi, per mostrarci l'ingresso della caverna lo Spirito è obbligato a smontare interamente tutte le impalcature e con esse le nostre vite. Ecco perché a volte viviamo esperienze tanto sconvolgenti quanto catartiche, tanto terribili quanto rivelatorie. L'incontro con Cristo corrisponde esattamente al momento in cui la zona d'ombra finalmente torna ad essere pienamente illuminata: in quel momento realizziamo il senso dell'esperienza che abbiamo vissuto, anche della più terribile.
I Vangeli insegnano anche una tecnica che consente di agevolare il ritrovamento della strada verso l'ingresso della caverna e facilitare il ricongiungimento alle nostre "zone oscure": si tratta di affidarsi completamente a qualcosa di più grande. Il Maestro a cui affidarsi può essere una persona, come il medico allopatico o la guida spirituale, oppure l'esistenza stessa, i cui fili sottili ci collegano ad altre persone, luoghi ed esperienze, secondo le logiche definite dagli arabeschi luminosi proiettati sulla superficie della bolla:
Venne a lui un lebbroso e, buttandosi in ginocchio,
lo pregò dicendo: «Se vuoi, tu puoi purificarmi!»
Gesù, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse:
«Lo voglio; sii purificato!»
lo pregò dicendo: «Se vuoi, tu puoi purificarmi!»
Gesù, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse:
«Lo voglio; sii purificato!»
L'azione guaritrice di Gesù si origina sempre e soltanto dallo Spirito. In una sola occasione Gesù utilizza la materia come veicolo per guidare l'azione dello Spirito, o forse per orientare adeguatamente l'attenzione del suo assistito, la cui partecipazione è essenziale ai fini del successo dell'operazione:
Detto questo, sputò in terra, fece del fango
con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco,
e gli disse: «Va', làvati nella vasca di Siloe»
(che significa «mandato»).
Egli dunque andò, si lavò, e tornò che ci vedeva.
con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco,
e gli disse: «Va', làvati nella vasca di Siloe»
(che significa «mandato»).
Egli dunque andò, si lavò, e tornò che ci vedeva.
A chi si interroga sull'uso che Gesù avrebbe fatto dei "vaccini", è utile ricordare che questi farmaci consentono di prevenire l'insorgenza del male, non di guarirlo. Ovviamente, Gesù non si sarebbe vaccinato: la prevenzione in Lui è operata dallo Spirito: la perfezione del Suo amore e la totale assenza in Lui di "zone oscure" lo proteggono da ogni forma di contagio. A chi chiede se Gesù avrebbe prescritto ad un suo assistito un vaccino, o più in generale qualunque farmaco, penso di poter rispondere con una certa tranquillità che l'avrebbe fatto se avesse avuto la certezza che quello strumento poteva agevolare l'azione dello Spirito nel Suo assistito. Chi di noi può avere tale certezza? Nessuno ovviamente, ma il reale punto di attenzione è che secondo Gesù non sarebbe stato poi così importante maturarla: perlomeno non tanto quanto è rischioso coltivare idee malevole:
Poi, chiamata la folla a sé, diceva loro:
«Ascoltatemi tutti e intendete:
non c'è nulla fuori dell'uomo
che entrando in lui possa contaminarlo;
sono le cose che escono dall'uomo
quelle che contaminano l'uomo.
«Ascoltatemi tutti e intendete:
non c'è nulla fuori dell'uomo
che entrando in lui possa contaminarlo;
sono le cose che escono dall'uomo
quelle che contaminano l'uomo.
Queste parole di fatto sembrerebbero scagionare integralmente i "vaccini" ed i loro presunti effetti collaterali: in effetti, l'uomo che vive in perfetta armonia con il proprio Spirito potrebbe anche venire in contatto con potenti veleni come il curaro e non sperimentarne gli effetti sul proprio corpo. Tale è il destino di molti Santi e Martiri, che hanno attraversato incolumi le prove più tremende ... Però il congiuntivo è d'obbligo, per due motivi: il primo è che - purtroppo, secondo alcuni per fortuna - la maggior parte di noi non è un Santo: non ha una coscienza perfettamente illuminata e non vive in assoluta armonia con la propria parte Spirituale. La seconda è che nemmeno ai Santi è permesso mettere deliberatamente a rischio la propria vita, sperando nella salvazione divina: se pensi di poter assumere a cuor leggero un veleno perché Dio ti progetterà, stai sicuro che non riceverai alcuna protezione; viceversa, se sei disposto a perdere la vita per amore di chi ti sta accanto, sarai salvato.
Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa,
lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse:
«Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto:
"Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo,
ed essi ti porteranno sulle loro mani,
perché tu non urti con il piede contro una pietra"».
Gesù gli rispose: «È altresì scritto:
"Non tentare il Signore Dio tuo"».
lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse:
«Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto:
"Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo,
ed essi ti porteranno sulle loro mani,
perché tu non urti con il piede contro una pietra"».
Gesù gli rispose: «È altresì scritto:
"Non tentare il Signore Dio tuo"».
In definitiva, le Scritture non forniscono una risposta certa ed univoca per tutti in tema di vaccini: forniscono "soltanto" regole generali a cui fare riferimento, che tuttavia possono aiutarci via via nelle nostre scelte quotidiane. La norma più importante è che la paura è sempre una forza distruttiva, da cui è meglio affrancarsi. La malevolenza, l'odio e la maldicenza contaminano gravemente l'animo perché sono espressioni della paura, generate dalla presenza di "zone oscure" coscienziali: meglio coltivare pensieri amorevoli e comprensivi e affidarsi all'intelligenza dello Spirito Intelligente per la conduzione delle nostre esistenze.
Torniamo alle parole di Papa Francesco, espresse nel video youtube che ho segnalato nell'introduzione al post: "vaccinarsi con un vaccino approvato dalle autorità competenti è un atto d'amore, ed aiutare altre persone (a vaccinarsi) è un atto d'amore". Ammetto che in un primo momento non avevo capito la reale portata delle parole di Papa Francesco. Quelle parole mi sembravano infatti stridere con l'attuale situazione italiana, dove vaccinarsi è diventata la via più facile per ottenere il green-pass: il certificato digitale che consente l'accesso ai locali pubblici al chiuso, come ristoranti, cinema, palestre, piscine, mezzi di trasporto, ecc. L'introduzione del green-pass ha in effetti spinto parecchi indecisi a ricorrere alla vaccinazione: nel corso di una mia indagine, tutt'altro che esaustiva, molti hanno affermato che hanno deciso di ricorrere al vaccino perché "non erano disposti a modificare le proprie abitudini di vita"; altri hanno evidenziato uno "stato di necessità per motivi di lavoro/studio" ecc.; altri ancora hanno ammesso di essersi "adeguati alle decisioni del proprio gruppo di riferimento": famiglia, compagnia di amici, colleghi di lavoro, ecc.
Ovviamente, ogni scelta è legittima e non mi sognerei di biasimare nessuna delle motivazioni che mi sono state fornite, ma mi chiedo in che percentuale la paura è stata determinante ai fini della manifestazione di quella scelta rispetto all'amore. Chi non desidera modificare le proprie abitudini di vita, lo fa per paura di annoiarsi, o perché tali abitudini contemplano la cura verso persone care, che la rinuncia al vaccino non permetterebbe più di frequentare? Chi si adegua alle richieste del datore di lavoro, lo fa per timore di perdere il posto, o per amore delle persone che il suo reddito consente di mantenere? Ecco il senso delle parole di Papa Francesco: la scelta di vaccinarsi non va presa alla leggera; occorre esaminare con attenzione le proprie motivazioni e procedere in questa direzione quando siamo ragionevolmente sicuri di essere mossi dall'amore. D'altra parte, non è detto che l'amore porti alla vaccinazione: semmai, porterà all'esercizio consapevole del proprio libero arbitrio. In sostanza, ci ricolleghiamo al discorso precedente: la motivazione alla base delle nostre scelte ha un effetto determinante ai fini della manifestazione delle conseguenze di tali scelte.
Più in generale, è lo Spirito, e non la legge di causa-effetto, che governa il nostro mondo. Il titolo del post si riferisce al fatto che a mio avviso è inutile affidare ai soli farmaci la nostra salute ed è deleterio pensare che questi, da soli, possano togliercela. Le luci sulla superficie della bolla sono la nostra guida: sono le nostre intuizioni più geniali, le nostre scoperte, le idee che ci permettono di compiere scelte che orientano in maniera differente il corso della Storia. Nulla nelle nostre vite è frutto dei (soli) nostri sforzi, né delle nostre (sole) interazioni con l'ambiente circostante: il nostro livello di salute, il nostro benessere economico, i nostri affetti. La "luce" dello Spirito, quella che "le tenebre non possono fermare" (Gv. 1, 5), ci cerca e ci fa tendere verso di essa. Nostro compito è riconoscere la luce e soprattutto riconoscere le paure che ci impediscono di procedere in direzione di essa.
lunedì 2 agosto 2021
L'Ascesa di Dioniso
Avete ragione, sono stato un po' "latitante". D'altra parte scrivere è inutile quando non si ha nulla di interessante da dire. Adesso lo spunto viene dalla fine del mese delle "parate" dedicate all'orgoglio omosessuale e tematiche annesse. Un tempo erano fenomeni sporadici, nati dalla volontà di reprimere un dissenso verso alcune consuetudini sociali; adesso sono un fenomeno planetario, protetto e benedetto, quando non apertamente sponsorizzato, dai governi occidentali e potentemente sfruttato dalle multinazionali.
Quest'anno, l'invadenza di tale fenomeno è stata particolarmente invasiva, anche perché le manifestazioni "arcobaleno" sono diventate il teatro dove mettere in scena episodi in grado di dividere l'opinione pubblica e l'elettorato, garantendo al potere la propria sopravvivenza.
Ciò che a noi interessa è l'origine, nobilissima, del fenomeno, che come ogni aspetto della nostra vita obbedisce a schemi opportunamente disegnati attraverso le stelle.
Arcana Ricordo
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Le stelle custodiscono i segreti della nostra intera esistenza. Pianificano tempi e modi con cui manifestare certi fenomeni sulla terra, orientano le nostre reazioni e le nostre scelte. No, non sto dicendo che il "Libero Arbitrio" non esiste: sto dicendo che noi siamo chiamati ad utilizzare il nostro Libero Arbitrio all'interno di un corso degli eventi che ha un andamento ciclico e che è in gran parte predeterminato. Le scelte migliori, quelle più alte, le più nobili, hanno la proprietà di spezzare l'incantesimo ed orientare gli eventi verso percorsi nuovi, evitando il ripetersi di esperienze spiacevoli. Questo processo prende il nome di "acquisizione di consapevolezza".
Secondo la teoria che ho esposto in questi scritti e nei video pubblicati sul canale ArcanaRicordo, i cicli evolutivi umani hanno una base che è intrinsecamente connessa al ciclo precessionale, avente durata indicativa di 25.920 anni e legato alla variazione di orientamento dell'asse terrestre. Ogni ciclo si sviluppa nel corso di un emiciclo precessionale, al termine del quale uno "sconvolgimento" di portata planetaria determina un nuovo assetto del pianeta e delle creature che lo popolano.
Secondo Rudolf Steiner il percorso evolutivo umano può essere diviso in sette "razze radicali": Polari, Iperborei, Lemuri, Atlanti, Ariani (la razza attuale), a cui si aggiungono due razze future. Ciascuna razza radicale è suddivisa in sette "sottorazze". Ciascuna razza radice ha caratteristiche molto particolari, sia in termini fisici, sia in termini di intelletto. Le razze nostre antenate erano costituite da creature molto "poco materiali": i loro corpi erano più simili a sostanze gassose, poi liquide. Il tempo ha permesso un progressivo consolidamento verso lo stato solido ed una corrispondente evoluzione delle facoltà: ad esempio, gli Atlanti erano del tutto privi di un intelletto razionale, ma disponevano di una spiccata memoria; facoltà del tutto ignota ai Lemuri, vissuti prima di loro. Per chi volesse approfondire segnalo il suo volume "Cronaca dell'Akasha", pubblicato nel 1953.
Gli scritti teosofici a cui Steiner fa riferimento non riportano una cronologia degli eventi che hanno scandito l'evoluzione umana, sia perché l'ambiente dove i nostri antenati vivevano era profondamente diverso dal nostro, sia perché quegli "uomini" non disponevano ancora di facoltà che consentissero di misurare lo scorrere del tempo. Non essendo chiaro quanto possa vivere una razza, è complicato fare qualunque parallelo con il ciclo precessionale. Tuttavia mi pare interessante che secondo Steiner l'evoluzione da una razza alla successiva non sia avvenuta grazie ad un processo lineare ed omogeneo, ma abbia avuto più che altro le caratteristiche di una speciazione, un mutamento relativamente improvviso verso una razza del tutto diversa dalla precedente, che ha finito poi per soppiantarla. Buona parte degli evoluzionisti moderni sostiene che i processi speciativi siano in realtà quelli più comuni in natura. Nel caso delle razze, la speciazione è stata agevolata, a volte addirittura indotta, proprio da eventi catastrofici avvenuti periodicamente sul nostro pianeta.
Steiner non è particolarmente sensibile al tema delle datazioni. Anzi, ben consapevole del fatto che la Storia che emerge dai "registri akashici" si trovi spesso in contrasto con le evidenze fossili, arriva a dichiarare che:
La scienza e il ragionamento logico non potranno mai, in virtù della loro natura, stabilire che cosa sia possibile o impossibile; il loro compito è soltanto di spiegare quello che l'esperimento e l'osservazione hanno accertato.
[Cronache dell'Akasha, Parte I]
Tuttavia, nell'introduzione al volume ricorda l'idea di Platone che l'Atlantide si sia inabissata nel 9.600 A.C.: a tal proposito scrive:
È di ieri la tappa geologica che determinò la scomparsa dell'Atlantide. Demetrio Merezkovski (Atlantide-Europa), sulla scorta di Fred Finch Strong, di Spence e dello stesso Termier, ricorda che al microscopio è visibile la differenza tra la lava che si solidifica all'aria e quella che si rapprende subito nell'acqua; inoltre, c'è un periodo di tempo, di circa 15.000 anni, dopo il quale i cristalli lavici, sotto l'azione dell'acqua marina, si sgretolano. Latachilite (lava vitrea), pescata nel 1898 al largo delle Azzorre, a circa 900 chilometri dalle isole, risulta formata all'aria, e non sott'acqua, né si è sgretolata.
La sua età è dunque inferiore a 15.000 anni e si può far coincidere con la fine dell'Atlantide che, secondo Platone, risale a 9.600 anni avanti Cristo
[R. Steiner, "Cronache dell'Akasha", Nota all'Introduzione]
La transizione tra Era della Vergine ed Era del Leone, in cui a nostro avviso si è verificato l'ultimo "cataclisma precessionale" (con ogni probabilità quello del diluvio) si situa proprio tra le date indicate, intorno all'anno 11.000 A.C.. Dal punto di vista archeologico, questa datazione combacia con il ritrovamento dei più antichi reperti esistenti al mondo, ritrovati in Turchia nel sito di Gobekli Tepe, che risalgono proprio a quell'epoca.
Ciclo Precessionale (cliccare per ingrandire) |
Diversi fattori quindi concorrono ad identificare l'11.000 A.C. come il periodo storico che potremmo considerare come l'inizio dei "nostri tempi". Del resto, non disponiamo di documenti storici precedenti a questa data. La lettura dei Vangeli in chiave astrologico-precessionale porta una ulteriore conferma, indicando la "Vergine" e la rispettiva Era come un periodo di incubazione che precede la nascita del ciclo che stiamo vivendo. L'Era del Leone è invece il primo vero periodo storico, in cui il pianeta - e l'umanità con esso - ha iniziato il proprio percorso sul piano evolutivo che stiamo tutt'ora sperimentando. Ne abbiamo parlato diffusamente nel ciclo di video "Il Presepe Celeste".
Una lettura basata sui medesimi criteri porta ad identificare il limite superiore del ciclo nella transizione d'Era Pesci-Acquario, che sappiamo essere prossima, se non addirittura in corso. Purtroppo non disponiamo di molti riferimenti astronomici per convalidare questa affermazione, dal momento che come sappiamo non disponiamo di informazioni sufficienti per determinare con sicurezza la posizione del Punto Zero. Tuttavia sappiamo che la durata della transizione d'Era è pari a 40 anni circa, perlomeno dal punto di vista strettamente astronomico; dal punto di vista sociale, le "code" della transizione si possono avvertire anche a diverse centinaia di anni di distanza. D'altra parte, l'equazione "come in Cielo, così in Terra" non è completamente biunivoca: la precedenza data al termine "Cielo" rispetto alla parola "Terra" sembra voler indicare che è necessario del tempo perché ciò che accade in Cielo si possa riflettere sulla Terra.
Il periodo storico che stiamo vivendo è estremamente complesso perché ai cambiamenti dovuti alla transizione Pesci-Acquario, si affiancano quelli derivanti dall'avvicinarsi della fine dell'emiciclo. I cambiamenti d'Era sono sempre traumatici, dal momento che tendono a cambiare gli elementi fondanti delle civiltà che entro i confini di ciascuna Era si sviluppano e prosperano. La transizione tende a sconvolgere usi, costumi e consuetudini perché cambia l'idea di ciò che viene considerato socialmente utile ed accettabile. Tuttavia, le transizioni sono generalmente governate da un sostanziale equilibrio, che permette di vedere sempre un lato positivo nel cambiamento. La conclusione di un emi-ciclo è invece una esperienza totalmente destabilizzante e catartica, che agisce profondamente sia a livello individuale, sia a livello collettivo. La nascita del nuovo ciclo richiede un abbandono completo e totale dei criteri fondanti dell'esistenza stessa, che deve ricostruirsi su principi totalmente nuovi. Indubbiamente, la sovrapposizione di questi due fenomeni ha un effetto dirompente sulla società attuale, che sperimenta una sempre crescente polarizzazione delle posizioni su tutti i temi dell'attualità.
Le ultime tre Ere Astrologiche vissute dall'umanità sono state Toro, Ariete e Pesci. Il Toro, segno di terra, ha visto l'espansione di civiltà territoriali, abili nella costruzione di pesanti edifici in pietra. In Sardegna, lo si ritrova nelle tombe ipogee soprannominate "Domus de Janas", risalenti al 4.000 A.C. Nella Bibbia, quest'epoca è simbolicamente rappresentata dalla prigionia degli Ebrei in Egitto, condannati a costruire mattoni. E' un'epoca di sofferenza, ma di certezze, che gli Ebrei arrivano persino a rimpiangere, durante l'Esodo, quando in assenza di Mosé forgiano ed iniziano ad adorare un Vitello d'Oro, suscitando l'ira del Signore.
L'Ariete è segno di fuoco. Rispetto al periodo precedente, le civiltà di quest'Era attribuiscono maggior valore ai beni mobili, come mobile è il fuoco. L'Oro sfolgorante come fiamma adorna i templi greci, ebraici e babilonesi. Si sviluppano sempre più l'economia ed il commercio. In Egitto le mastodontiche piramidi lasciano il posto ad edifici costruiti per celebrare la Luce: nel tempio di Abu Simbel, un raggio di luce solare illumina anche le stanze più interne in particolari giorni dell'anno; ad Alessandria, una potente luce artificiale segnala la presenza del porto, a naviganti distanti anche parecchie decine di kilometri. Nelle Scritture, l'Agnello impersona la purezza dello Spirito e la disponibilità al sacrificio per la salvezza dei molti.
I Pesci sono segno d'acqua e "acqua" significa "mente". Mai prima d'ora il mare ha rappresentato una frontiera da esplorare, in grado di condurre verso terre lontane. In architettura, le pietre delle cattedrali gotiche, sembrano quasi galleggiare, sospese come sono ad altezza vertiginosa; i nuovi materiali estendono gli edifici verso l'alto, facendoli sembrare più leggeri. Le guerre vengono sempre più combattute non tanto per il territorio, né per le ricchezze, ma per poter sfruttare le risorse, che generano ricchezza in maniera indiretta, attraverso il commercio. Le capacità di astrazione della mente portano ad uno sviluppo senza precedenti delle scienze. In medicina si assiste alla nascita della psicologia: l'indagine della mente, condotta attraverso la mente. Nasce la finanza, che trasforma la ricchezza in un concetto astratto, senza la necessità di un riscontro diretto fatto di beni materiali. Fra i cristiani, il Pesce diventa il Simbolo del Cristo.
Questi sono soltanto spunti, suggestioni, sicuramente incompleti. Mi sono limitato ad esporre gli effetti visibili, ma è evidente che l'influenza dell'Era si avverte anche e soprattutto nei costumi e nelle convenzioni sociali, nell'economia e nel culto per la divinità. Seguendo tuttavia la direttrice appena tracciata, possiamo dire che l'Acquario è un segno d'aria. Evidentemente, l'influenza dell'Acquario ha contribuito alla nascita dei veicoli volanti, che promettono di diventare un metodo sempre più abituale per spostarsi. Si sviluppa l'esplorazione spaziale anche e soprattutto con nuovi strumenti di osservazione, che permettono di esplorare l'universo come mai in precedenza. Mai come ora gli edifici sono stati tanto grandi e tanto leggeri; leggera è anche la ricchezza, che diventa addirittura virtuale, trasferita com'è nelle memorie dei computer. La medicina si specializza in tecniche sempre meno invasive. Le tecnologie di comunicazione annullano le distanze e portano il mondo dentro casa, senza necessità di spostarsi. Nasce la sensibilità verso l'ambiente. La religione cristiana, offre la possibilità di una nuova vita nel Regno dei Cieli.
I cambiamenti introdotti dall'Era dell'Acquario spostano i valori verso tutto ciò che è etereo e leggero. Tutto tende verso l'invisibile, l'impalpabile, e forse non è un caso che ci troviamo a combattere con un minuscolo virus; è vero, i virus sono sempre esistiti, ma a differenza del passato, adesso siamo portati a temere i portatori asintomatici: coloro che sono infetti, ma non lo sanno e possono propagare l'infezione. Potete lanciare le vostre invettive verso l'Era dell'Acquario se non riuscite ad attivare lo SPID, perché quasi sicuramente, le energie della nuova Era hanno influenzato anche il processo di virtualizzazione della Pubblica Amministrazione.
Ma l'Acquario è anche altro, infatti abbiamo detto che segna il termine dell'emiciclo. Non a caso, nel mito assume un ruolo analogo a quello della Vergine: è addirittura il Segno che genera un Dio. Non stiamo parlando del Dio cristiano, ovviamente, ma di un altro dio, che arriva dalla tradizione greco-romana. Si tratta di Dioniso: il dio
"figlio di Zeus e di una donna mortale, ucciso e risorto, predicatore tra gli umani e gli animali, innamorato più dei mortali che degli Dei, attorniato da discepoli e da donne, amante (anche in questo è simile a Gesù) del vino, inteso come simbolo intensissimo e non solo come bevanda inebriante."
[I. Sibaldi, "Dioniso", Prefazione]
Igor Sibaldi è uno degli autori che ha dedicato maggior attenzione a questo particolarissimo dio. A costo di una digressione un po' lunga, penso sia utile riportare alcune pagine del suo volume "Il Libro della Creazione", che danno un ritratto secondo me molto esauriente di Dioniso, presentato come "il dio della zōḗ (ζωή)":
"ζωή. Non lo si può tradurre «vita», perché «vita» nelle nostre lingue vuol dire soprattutto «durata di un’esistenza» – e «durata di un’esistenza» è, in greco, bíos; un essere quando muore termina solo il suo bíos. La zōḗ invece è in tutto ciò che vive e che dà vita, ed è una, in ciascun individuo, in ciascuna specie e nell’intero universo; non si sa né si può immaginare quando sia incominciata o quando potrà terminare: semplicemente è e diviene, infinita – o, come la chiama Gesù nei Vangeli, aiṓnios, «eterna», e cioè: appartenente a un’altra dimensione temporale (aiṓn) incommensurabile con il tempo a noi familiare."
[I. Sibaldi, "Il Libro della Creazione", Parte Prima - "Oltremare"]
Ed ecco Dioniso:
"Tratto fondamentale di questo Dio è il suo essere straniero, esotico. [...] Dioniso era estraneo non soltanto alla Grecia, ma a tutto. Fin dalla nascita. Il padre era Zeus, il Dio supremo; la madre era Persefone, Dea dell’Oltretomba. Fu generato nelle profondità dell’Hades, dove non nacque mai nessun altro Dio: Zeus assunse l’aspetto di un serpente per fecondare Persefone, e il parto avvenne in una grotta profonda. Da qui uno degli appellativi di Dioniso: Khthónios, il «Sotterraneo». Ma un altro suo appellativo era Dimḗtōr, «Colui che ha due madri».
C’è infatti un’altra versione secondo la quale la madre di Dioniso fu una donna terrena, Semele (nome d’origine frigia, il cui significato pare fosse, di nuovo, «Sotterranea»). E non lo partorì: le fu tolto dal grembo al sesto mese, quando Semele morì orribilmente, per aver voluto conoscere troppo. Avvenne così: Zeus le si era sempre mostrato sotto l’aspetto di un bellissimo giovane, e Semele desiderò vederlo almeno una volta qual era davvero, in tutto il suo fulgore: insistette, pregò, benché sapesse che la luce irradiata da Zeus era troppo intensa per i mortali. Zeus acconsentì, le si mostrò, e in un attimo lei ne fu incenerita. Solo l’addome di Semele rimase intero, grazie a una pianta d’edera che in quell’attimo era tra lei e il Dio. Zeus vide il feto che si agitava nei resti dell’amante, e decise di portare a termine lui la gravidanza. Si incise una coscia, sistemò il feto nella ferita, la cucì. Riuscì a tener nascosta la cosa alla sua gelosissima consorte, Hera, che di certo avrebbe ucciso il bambino, se l’avesse saputo.
Quale di queste due versioni della nascita di Dioniso sia la più vera, non è domanda da porsi. Scopo dei miti che, nel corso dei secoli, si accumularono intorno a qualunque Dio greco non era costituire una biografia verosimile, tale cioè da soddisfare ai criteri logici che valgono per le biografie umane; scopo dei miti era esprimere con precisione tutto ciò che si era intuito e scoperto di un Dio e di ciò in cui il Dio si manifestava. Qui l’argomento è la zōḗ, che è Dioniso; e i miti della nascita di Dioniso narrano il nascere della zōḗ. La zōḗ ha una gestazione sotterranea: come le energie vegetali che durante l’inverno si preparano, sottoterra, alla nascita primaverile. Ma la sua gestazione può essere anche nei muscoli d’un maschio: perché anche il vigore è zōḗ. E il maschio qui è Zeus, ed è importante che vi sia in lui una ferita perché Dioniso nasca. Zeus è il Dio del potere, della capacità di dominare, ed è anche il più greco degli Dei. La Grecia era allora l’Occidente. E Dioniso è la sua ferita segreta, nascosta, amata.
Ciò valga anche per noi. Di certo, ognuno ama ciò che rimuove. È difficile ammetterlo, ma non basta il timore del cambiamento a spiegare la capacità dei nevrotici di sopportare i danni, il dolore che la rimozione produce. Li sopportano come circostanze di un amore difficile, al quale non vogliono rinunciare ma che non osano confessare. Così anche l’Occidente, in fondo, ha sempre amato in segreto ciò che ha nascosto a se stesso. È importante anche sapere a chi la si debba nascondere: a Hera, che è la Dea dell’ordine costituito, delle norme che regolamentano tutto ciò che già esiste. Hera odierà sempre Dioniso. Hera è – lo vedremo – il contrario di quel bambino. Nel Vangelo di Matteo, questa stessa avversione per un bambino si reincarna in Erode – nome greco, che significa appunto «figlio di Hera» o «consacrato a Hera». E lì la parte di Zeus tocca al falegname Giuseppe, che porta il bambino lontano, in Egitto: va dove Erode non può giungere. Cammina. Il che si connette al fatto che la ferita gestatoria sia proprio nella coscia di Zeus. Anche l’Esodo degli ebrei fu un camminare, per sfuggire all’ordine costituito, che là era il faraone; e quel camminare fu una gestazione di Israele, del nuovo popolo di diversi, di estranei, che stava formandosi.
Appena il bimbo nacque, Hera lo venne a sapere e incaricò i Titani di ucciderlo. I Titani compaiono spesso nei miti greci, in funzione di killer: sono personaggi cupi, ottusi, feroci, più antichi di Zeus e degli altri Dei dell’Olimpo. Rappresentano il passato, o meglio, tutto ciò che nel passato è torpido e distruttivo è i Titani. [...] Di Dioniso, quegli inviati di Hera non ebbero pietà. Il piccolo si era appena guardato allo specchio (molte immagini su vasi e cammei lo raffigurano in quest’atto) quando venne afferrato da dodici Titani, e smembrato. E lo stavano mangiando, quando Zeus piombò loro addosso e li incenerì con le sue folgori. Così, nella prospettiva espressa per la prima volta in Dioniso, accadrebbe ogni volta che riuscissimo a far fare al nostro passato la fine dei Titani. Cogliendolo sul fatto, mentre divora ciò che in noi è vivo, e brucerebbe come bruciano i vampiri alla luce del sole. Dei Titani rimase soltanto fuliggine. E da questa fuliggine presero poi forma gli esseri umani. Olimpiodoro, filosofo e alchimista del V secolo d.C., la commentava così: Il nostro corpo è dionisiaco. Siamo comunque una parte di lui, poiché siamo nati dalla fuliggine dei Titani che avevano mangiato la sua carne. [...] Vennero cioè sublimati anche loro, e diventarono individui nuovi e «corpo di Cristo».
Ma il corpo del piccolo Dioniso non venne divorato per intero. Si narra che un’altra figlia di Zeus, Atena, si avvicinò di soppiatto ai Titani intenti a sbranarlo, e riuscì a portarne via qualcosa – i più dicono il cuore – nascosto in un cesto per il frumento. [...] Tra quel cuore e il fallo perduto di Osiride il legame è più stretto di quel che sembra. Il «cuore» di Dioniso era soltanto una metafora pudica: una delle cerimonie principali sia del culto di Dioniso sia del culto di Osiride era la falloforia, cioè la processione durante la quale veniva mostrato il fallo del Dio, scolpito in legno; nelle processioni greche lo si portava in un cesto per il frumento. Anche il significato del fallo perduto di Osiride è lo stesso di quello del «cuore» ritrovato dopo lo scempio del piccolo Dioniso. Nel mito dionisiaco gli uomini nascono dalla «fuliggine» di Titani che si sono cibati del corpo del Dio, ma non del suo cuore-fallo: e ciò significa che nelle fibre dell’umanità vi è qualcosa di Dioniso, ma non la sua potenza generativa, il «cuore» stesso della zōḗ. Quel «cuore» è tornato nella terra, e ha prodotto la vite: nel succo della vite, nel vino, lo si può ritrovare e reintegrare. Nel mito egiziano, Iside riesce a ricostituire il corpo di Osiride: ma il suo fallo è nel Nilo, le cui piene costituivano una manifestazione colossale della zōḗ; e la potenza di quel fallo assimilato al Nilo è ciò che feconda Iside, così come le piene del fiume fecondavano ogni anno l’Egitto. Sia in un caso sia nell’altro, perché il ritrovamento del Dio sia completo occorre che qualcuno – gli uomini o Iside – si aprano alla zōḗ, siano in grado di accoglierla. Così ritrovano ciò che in loro manca di Dioniso o di Osiride, e in tal modo annientano del tutto l’azione distruttrice di Hera e di Seth.
Come non riconoscere l’attendibilità psicologica, la precisione di questi miti? Il fallo eretto è ancor oggi il tabù principale nelle arti figurative dell’Occidente. Nessun altro aspetto del corpo umano è tanto nascosto; e non compare se non in pornografia, cioè in contesti marchiati da ossessione, perversione, e dunque per principio sconfitti. Che cosa è temuto a tal punto nel fallo eretto? Forse il fatto che l’erezione non possa fingersi in alcun caso. E che sia semplice; ed esultante; e individuale. E perciò temibile più di ogni altra cosa, nella civiltà occidentale. Nelle falloforie veniva mostrato, come a dire: «Perché lo temete in voi stessi? Quanto state nascondendo di voi come nascondete questo?» E oggi avrebbe il medesimo senso: come immagine della potenza festosa dell’individuo, che i «noi» trovano inguardabile, proprio perché per loro anche l’individuo lo è. Così le due sorellastre volevano che fosse inguardabile Cenerentola, perché troppo bella, e la trovavano oscena.
La vite, poi, congiunge strettamente Dioniso a Mosè e a Gesù. [...] Nella Genesi, Noè si diede alla coltivazione della vite, subito dopo il Diluvio, distillò il vino e «ne bevve fino a ubriacarsi». Mentre Gesù diceva di sé: Io sono la vera vite. Io sono la vite e voi i tralci. Rimanete in me e io in voi. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Dioniso avrebbe potuto dire la stessa cosa. La vite è emblema della zōḗ. La raffigura, nel suo salire dalla terra aderendo a ogni superficie, abbracciando tutto ciò che tocca, tenace; dal suo frutto si ottiene il vino, che inebria, libera e conduce la mente altrove, via dalle sue regole e limiti consueti, cari a Hera. [...]
Inoltre la fermentazione del vino chiuso nelle botti (ma anticamente in recipienti di pietra, o in otri) ricorda sia la gestazione sotterranea di Dioniso, sia la sua gestazione nella gamba di Zeus, cucita come un otre. Ma nel leggere i miti conviene diffidare delle interpretazioni naturalistico-alimentari – poiché rischiano di finire in un «nient’altro che». La vite è anche un simbolo di sapienza. Dioniso, nelle sue immagini più celebri, ha la fronte adorna di tralci, oltre che dell’altra sua pianta prediletta, l’edera. Anche le sapienze, le dottrine – espressioni di una zōḗ dello Spirito – crescono aderendo alla realtà e ramificandosi di luogo in luogo. La zōḗ si esprime, anche nella vitalità dei movimenti spirituali. Così fu per i culti dionisiaci, che si diffusero lungo le coste del Mediterraneo, rampicando nelle menti e nelle anime.
Strettamente associata alla vite, nel culto di Dioniso, è l’immagine del serpente. Secondo alcuni miti, fu da un serpente che Dioniso apprese la bontà dell’uva: e, con tutto ciò che stiamo scoprendo, se ne potrebbe dedurre che, più della mela, il grappolo d’uva avrebbe avuto diritto di apparire nell’immagine popolare come il frutto proibito dell’Eden, che un serpente insegnò a cogliere. E siate saggi come serpenti, raccomandava Gesù, intendendo il serpente come un maestro. Nella pittura vascolare o parietale, e su medaglie e monete cretesi e greche, i serpenti compaiono spesso attorcigliati alle braccia delle seguaci di Dioniso, oppure accanto a loro, sulla terra, su alberi, o addirittura librati in aria. Rappresentano anch’essi immagini di una conoscenza che si diffonde: sono simboli di vie, di itinerari, agilissimi, cauti serpenti-strade – e vanno immaginati molto lunghi, come ora vedremo.
Benché ucciso e divorato da bambino, Dioniso riappare adulto in miti densissimi. Ciò non è meno paradossale del fatto che Gesù, dopo essere morto sulla croce, insegnasse ancora ai discepoli: i teologi cristiani provarono a giustificare il paradosso costruendo l’idea, abbastanza complicata, di una resurrezione di Gesù a breve distanza dalla morte, invece che nell’Ultimo Giorno del mondo. Nei miti greci non sembrò indispensabile giustificare la ricomparsa di Dioniso. Il senso ne era già abbastanza chiaro di per sé: ciò che di Dioniso è bambino, viene ucciso dai Titani del passato; poi Dioniso compie molte imprese memorabili, perché vi è in lui qualcosa che i Titani del passato non possono uccidere. Non è poi così paradossale; è una cosa che avviene, in realtà, a chiunque compia imprese memorabili. Proprio perché da bambini si è stati uccisi, divorati dal passato, e si ha nell’anima tale dolore, e lo si è superato, si può trovare in se stessi la forza di compiere imprese memorabili, nelle quali in realtà (come non accorgersene?) è sempre quel nostro bambino interiore ad agire di nuovo. Chi invece ha dimenticato, chi non sa più di essere stato divorato da bambino, è divenuto soltanto un titano qualunque, divoratore di altri bambini.
Da adulto, Dioniso è raffigurato con barba e lunghi capelli neri, ricciuti, gesti morbidi, sguardo incuriosito. Dioniso viaggia molto – come Mosè e Gesù. Il suo viaggiare si doveva ancor sempre all’ostilità di Hera: stizzita al vederlo ancora vivo e vegeto, la Dea dell’ordine costituito lo colpì con la follia – cioè con una ferita alla mente, dopo aver spinto i Titani a colpirlo nel corpo. Ed era la follia, a spingerlo a vagare. Mainoménos Diōnýsos, « Dioniso il folle », lo chiama Omero, ed è un altro suo famoso appellativo. Il senso di tale manía («follia», in greco) è ben chiaro: per Hera, per tutto ciò che nel mondo è herodiano, Dioniso è follia e la follia è Dioniso, il quale viene perciò emarginato, respinto lontano.
È, tra gli Dei greci, l’outsider per eccellenza: il Dio degli outsider."
[I. Sibaldi, "Il Libro della Creazione", Parte Prima - "Dioniso"]
In buona sostanza, Dioniso è il dio che riconcilia l'esistenza con il senso della vita. Al pari di Gesù, Dioniso rappresenta un rinnovamento dello spirito che segue un percorso imprevisto e come Lui può suscitare una notevole avversione in chi non ha ancora familiarizzato con il suo messaggio. Come Gesù, Dioniso è annunciatore e portatore di una nuova libertà, innanzitutto di pensiero; di un nuovo modo di essere, che va oltre le regole del mondo costituito e come Gesù, è pronto a sovvertire tale ordine agendo financo nei fondamenti della società, mettendo in discussione usanze, consuetudini, regole e leggi. Gesù propone un approccio alla vita fondato sull'amore per il prossimo, un termine che identifica innanzitutto le persone con cui entriamo in contatto, indipendentemente dal fatto che quel prossimo si presenti come "amico" o "nemico"; Dioniso sembra dare compimento a questa proposta, invitando tutti quanti, amici e nemici, alla celebrazione festosa della vita.
La figura di Dioniso è totalmente incompatibile il carattere competitivo delle ultime Ere Astrologiche: questo Dio vive la virilità in modo gioioso e spontaneo, in armonia con il creato. La falloforia celebra il maschile in quanto attore della Volontà celeste, laddove il femminile rappresenta la purezza dell'accettazione dell'atto, che dà luogo alla sua realizzazione e completa il processo di Creazione divina. Nell'unione sublime dei due aspetti si potrebbero risolvere parecchi traumi di una umanità eccessivamente immersa nell'illusione della separazione, riequilibrando le disarmonie interiori individuali, che si riflettono nei numerosi squilibri sociali che stiamo vivendo. Ma un epilogo di questo tipo non è sufficiente per dare pieno compimento alla Volontà divina. La nuova società nascente da questa "piccola rivoluzione" affonderebbe ancora le proprie radici nell'attuale "generazione malvagia e perversa", che popola il pianeta dall'ultimo sconvolgimento precessionale, avvenuto nell'Era della Vergine.
Come abbiamo già avuto modo di spiegare, Dioniso è esattamente il dio che viene portato in gestazione durante la breve Era dell'Acquario. La costellazione dell'Acquario è l'uomo zodiacale, contrapposto alla Vergine che è la figura femminile. All'inizio dell'attuale emiciclo precessionale, il segno della Vergine mantenne in gestazione il nuovo Sole precessionale (precisamente il punto vernale) in attesa della sua nascita, avvenuta in corrispondenza dell'inizio dell'Era del Leone. Tracce di questa gestazione sono presenti nel nome della città natale di Gesù Cristo, Bèth-le-hèm, che in ebraico significa "casa del pane": un appellativo comunemente attribuito alla casa astrologica della Vergine.
Il Sole Equinoziale durante l'Era della Vergine |
In maniera del tutto analoga, l'Acquario si appresta ad avviare la gestazione del nuovo Dio: l'astro il cui movimento scandirà le Ere future. La costellazione dell'Acquario rappresenta un uomo in posizione eretta che riversa l'acqua contenuta in una anfora. In epoche passate, questa costellazione ha rappresentato anche Zeus, intento a scagliare un dardo verso la Terra: la forma a zig-zag in cui noi vediamo lo scroscio dell'acqua riversata dall'anfora (si vede meglio qui), ben si presta a rappresentare anche una saetta.
Il Sole Equinoziale durante l'Era dell'Acquario - si noti come l'eclittica attraversi esattamente la coscia della costellazione - |
Come abbiamo cercato di spiegare anche nei filmati disponibili sul canale youtube, quella che chiamiamo "Era della Vergine" è un periodo di tempo che in realtà non è mai trascorso compiutamente. Al pari di quando è in procinto di avvenire nell'imminente Era dell'Acquario, questi due segni marcano i confini di un emiciclo precessionale composto dai segni Leone, Cancro, Gemelli, Toro, Ariete e Pesci. Nel corso dei millenni, il punto vernale percorre questi sei segni soltanto, avanti e indietro, avanti e indietro. La Vergine e l'Acquario costituiscono quindi soltanto i punti di arrivo e ripartenza del punto vernale, ma non danno luogo a vere e proprie Ere. Nel libro dell'Apocalisse, ciascun emiciclo viene chiamato con il nome di Bestia: non a caso, ogni bestia ha sette teste (o sette corna): una per ogni Era completa più una testa (corno) per l'Era di inversione. Come abbiamo visto in post precedenti, le inversioni precessionali sono testimoniate da testi molto antichi, che riportano come in epoche molto remote, il Sole sorgesse ad Ovest e tramontasse ad Est.
Emiciclo Precessionale Corrente - I Vangeli d'Infanzia (cliccare per ingrandire) |
Questo continuo palleggio ha caratterizzato l'ultimo centinaio di migliaia di anni ... ma non è detto che debba procedere ulteriormente!
Con ogni probabilità, i tempi sono maturi per una rivoluzione molto più radicale, che punti a ridefinire l'illusione della separazione. La "separazione" è la condizione in cui il divino è venuto a trovarsi appena era stato intrapreso il percorso di acquisizione di coscienza, ben raccontato, seppur in forma simbolica, nel libro della Genesi. A quel tempo l'umanità viveva in una condizione di sublime inconsapevolezza, in comunione con tutto il creato. Nulla era necessario chiedere e nulla si poteva desiderare, in quanto l'universo provvedeva a tutti i possibili bisogni. Ma una simile, idilliaca condizione, non era adatta all'instaurazione di un processo di crescita; per questo motivo la Bibbia racconta che Adamo ed Eva decisero di nutrirsi del frutto della conoscenza del bene e del male. L'assimilazione del frutto, e la conseguente cacciata dal "paradiso terrestre", è ciò che nei miti orientali corrisponde alla creazione dei "sette veli" che rivestono Maya, cioè la realtà in cui siamo immersi. Il mito suggerisce che i veli furono creati per nascondere lo splendore divino ai nostri occhi; una descrizione che meglio si adatta ai nostri scopi è che i veli ricoprono in realtà la scintilla divina presente in ciascuno di noi e fanno sì che ciascuno di noi possa percepire gli altri come esseri separati. Di questi veli, il più interessante è il tempo cronologico: la dimensione che consente di separare la verità dalla coscienza, favorendo l'instaurazione del processo di assunzione di consapevolezza.
Il tempo è rappresentato nei Vangeli dall'albero di fico, che Gesù maledice poco prima di offrirsi alla propria passione. Avvicinandosi il momento del proprio sacrificio, Gesù constata come il tempo non sia più uno strumento utile all'acquisizione di consapevolezza (l'albero non dà più frutto) e pone le basi per un nuovo assetto della realtà, che dovrebbe rivoluzionare non soltanto l'assetto planetario, ma addirittura il modo in cui noi possiamo percepire l'universo. Questa grande rivoluzione comporta una prova pesantissima, ben descritta nei capitoli 12 e 13 dell'Apocalisse, dove si parla delle due "bestie" e della persecuzione della "donna inondata di Sole", che si dice essere prossima al parto. La nascita del bambino, corrispondente all'avvento della nuova realtà, viene ferocemente osteggiata dalle bestie, che rappresentano le energie che devono il proprio potere all'esistenza della separazione e della attuale modalità di scorrimento del tempo. Lo scontro, eccezionalmente potente, si risolve a favore della donna e del nascituro: la sua venuta al mondo non corrisponde alla sparizione totale del tempo e della separazione, ma ad una loro decisa ridefinizione.
Questo processo si sovrappone all'avvento dell'Era dell'Acquario ed in un certo senso lo soppianta, pur venendone influenzato. Il carattere mite e festoso di Dioniso è chiaramente presente nella "generazione grande e santa" che vive al di là di questo profondo trauma planetario, ma è allo stesso tempo "trasfigurato" al suo più elevato livello simbolico. In questa nuova condizione, che la Vergine Maria non si stanca di descrivere ai veggenti che canalizzano i Suoi messaggi in varie parti del mondo, l'uomo viene messo in condizioni di percepire "nuovi cieli e nuova terra": un universo di meraviglie che i nostri sensi attuali sono inadatti anche soltanto ad immaginare. E' evidente che il processo per giungere ad una simile condizione non può limitarsi a quanto già avvenuto in passato, durante le precedenti transizioni d'Era: è necessario minare profondamente ogni aspetto dell'esistenza materiale, in modo che l'uomo sia pronto ad abbandonarla senza rimpianto e a proiettarsi carico di energia verso la nuova realtà. Ecco perché nell'Apocalisse si fa riferimento ad una potente azione distruttrice, che viene manifestata durante gli ultimi giorni.
Proprio la distruzione è ciò che da tempo pervade ogni aspetto della nostra vita, contaminando sia lo splendore dei risultati che abbiamo raggiunto, sia la purezza delle nostre possibilità future. Nelle manifestazioni l.g.b.t. troviamo importanti tracce della presenza di Dioniso: i continui accenni alla gestazione maschile sono il carattere più marcatamente dionisiaco, ma lo sono anche le manifestazioni "gay-pride", caratterizzate - dicono i partecipanti - sia da un eccezionale livello di "inclusività", sia da un clima di festante riconciliazione con la sessualità, che viene in queste occasioni viene non soltanto vissuta, ma esibita ed ostentata, proprio come accadeva durante le antiche falloforie.
Purtroppo, la dissoluzione legata all'inversione precessionale altera fortemente il carattere liberatorio della festa dionisiaca. Cessata l'epoca in cui le bandiere arcobaleno simboleggiavano la "pace" tra i popoli e un invito a porre fine ad ogni forma di discriminazione, ora le stesse bandiere rappresentano il moto di orgoglio di chi le porta, in spregio a tutti gli altri. A proposito delle falloforie e altre celebrazioni molto simili, come i baccanali, gli antichi latini dicevano: "semel in anno licet insanire" (a volte, nel corso dell'anno, è legittimo fare follie). Ora l'orgoglio omosessuale pretende di estendere l'ostentazione dei propri eccessi a tutte le fasi della quotidianità ordinaria: toglie legittimità ai principi fondanti della società attuale, chiede l'inserimento di didattica specifica nelle scuole, pretende di sanzionare il dissenso nei suoi confronti. Ciò che era in origine un principio liberatorio diventa uno strumento vessatorio.
La meravigliosa simbologia dionisiaca di riconciliazione dei sessi era stata concepita per riportare equilibrio nell'essere umano: uomini capaci di riscoprire la propria dolcezza e passività femminile, insieme a donne capaci di riconoscere la propria forza e volontà maschile, avrebbero potuto portare alla risoluzione di parecchi traumi individuali e sociali, con un sensibile miglioramento delle condizioni di vita. Ma questo principio di riconciliazione dei sessi è stato completamente frainteso e stravolto: reinterpretato come la necessità immediata di manifestare una differente sessualità sul piano materiale, ricorrendo alla chirurgia. La follia festante della manifestazione carnevalesca di Dioniso, che in antichità costituiva una valvola di sfogo rispetto alle tensioni della quotidianità, viene prolungata indefinitamente: il gay-pride permanente promette di trasformare il mondo in un perenne "paese dei balocchi", dove dimenticare una volta per tutte disciplina e senso di responsabilità. Ma sappiamo bene che fine ha fatto Pinocchio ...
L'inversione precessionale ed la conseguente dissoluzione esistenziale che stiamo iniziando a vivere non fagocita ovviamente solo la rivoluzione dionisiaca. La medicina, arrivata a fornire cure specialistiche avanzate per quasi ogni malattia esistente, si rifugia in protocolli collettivi eccessivamente astratti (altro carattere acquariano), che prescindono dalla reale condizione psico-fisica del soggetto, ed in ultima analisi dalla necessità di guarirlo. La finanza escogita strumenti sempre più efficaci di estrazione pneumatica di ricchezza dalla povertà e dal debito, mentre la tecnologia, che prometteva di liberare l'uomo da una serie di vincoli spazio-temporali, si sta lentamente trasformando nel più efficiente strumento di controllo e privazione mai progettato.
Il futuro che stiamo per vivere potrebbe essere caratterizzato da controlli spasmodici su ogni nostra attività e tassazione sistematica di ogni azione, come del resto avviene già in Cina. Le monete, le valute nazionali ed internazionali, potrebbero ben presto sostituite da criptovalute globali, definitivamente scollegate dalla ricchezza materiale delle aree di loro diffusione (teoria delle aree valutarie ottimali), creando zone di straordinario accentramento di ricchezze, a discapito di vaste sacche di povertà. Le cure, ma più in generale le risorse, potrebbero restare appannaggio di pochi. Il pensiero sistematicamente controllato e sanzionato. L'ideologia gender assurta a principio fondante del diritto.
Si dice che uno dei mantra che testimoniano l'avvento dell'Anticristo sia la frase latina "adveniat regnum viri", che, contrapposta all'"adveniat Regnum Tuum" (venga il Tuo Regno) del Padre Nostro, auspica l'avvento del dominio dell'uomo sulla realtà. Nel 1993 la Repubblica di San Marino ha dedicato una moneta a tiratura limitata a questo motto:
Repubblica di San Marino - £ 500 - 1993 |
La frase impressa sulla moneta è intrinsecamente connessa al tema di cui parliamo in questo post, cioè il simbolismo dell'Era dell'Acquario. Per riuscire ad interpretarla, occorre ricordare l'episodio del vitello d'oro a cui si è accennato poco sopra. Il vitello era semplicemente un feticcio che simboleggiava l'era corrente (anche se secondo gli storiografi l'episodio avvenne nel 1.500 A.C. circa, cioè in piena Era dell'Ariete), erroneamente divinizzata dagli Ebrei in fuga dall'Egitto. Allo stesso modo, il "vir" titolare del regno auspicato dal motto in questione non è l'uomo inteso come essere umano, ma l'uomo-feticcio zodiacale corrispondente al Toro, cioè l'Acquario!
L'auspicio, è che il processo di speciazione in corso (che sulla moneta è ben rappresentato dalla nascita del nuovo germoglio, che si origina dal tronco reciso dell'albero che rappresenta la generazione attuale), dia origine ad una nuova umanità che vive una ritrovata pace ed abbondanza, in armonia con il proprio ambiente e con la natura. Apparentemente, si tratta di un obiettivo auspicabile, peraltro riscontrabile anche nella canzone "Imagine" di John Lennon, che auspica l'avvento di un mondo nuovo dove "there's no Heaven", e dove non esiste "nothing to kill, or die for". Tuttavia, si tratta di un obiettivo falso: la Pace non può esistere nel mondo se non viene prima coltivata come stato interiore. Non a caso, nel dire ai Suoi Apostoli "vi lascio la pace, vi dò la mia pace [Gv. 14, 27]", Gesù promise a tutti la possibilità di raggiungere la pace interiore in ogni istante, indipendentemente da ciò che accade nel mondo esterno.
Nel nostro mondo esistono senz'altro motivi per cui uccidere o per cui morire, ma nulla può impedire ad ognuno di raggiungere uno stato interiore di Pace e di trasmetterla ai propri simili, in quanto questa è una condizione ed una qualità dell'anima. L'"Abominio della Desolazione" consiste nel fare proprio il nuovo messaggio di cura per l'ambiente, di rispetto per i nostri simili, di attenzione alla vita nostra e dei nostri simili, portato dal "vir" zodiacale, aderendo all'idea che il "Novus Ordo Seclorum", cioè il portare ordine nel mondo esterno, sia una pre-condizione per fare ordine nella propria anima. Mentre è vero l'esatto contrario! Nella nostra vita, occorre quindi fare attenzione a ciò a cui diamo importanza: a ciò a cui tendiamo ad offrire il nostro "sacrificio quotidiano". Nulla ha più valore dell'anima, perché quella è la nostra più intima essenza: non vale tanto l'ambiente, non vale tanto il male che possiamo fare o subire.
Non bisogna perdere lucidità, né speranza. Il percorso non è ancora tracciato e non sappiamo quanto potrebbe essere aggressiva la trasformazione in corso. Meglio non condannare nessuna manifestazione a priori, perché scintille di luce si celano anche nella più oscura delle notti. L'augurio è di poterci svegliare un giorno, capaci di vivere una profonda pace, interiore ed esteriore, felici e festanti, sereni e finalmente liberi. Allora potremo anche ringraziare lo spirito di Dioniso, che dopo averci accompagnato in questo difficile passaggio, ci saluterà, per portare il proprio messaggio liberatorio a chi allora avrà ancora bisogno di lui.
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